La regolarità dei voli è, ovviamente, discontinua. Stavolta quella che viene chiamata l'attività stromboliana dell'Etna è durata l'arco del pomeriggio del 28 per concludersi nella mattinata del 29 novembre. L'unità di crisi riunita in continuazione aveva chiuso lo spazio aereo sovrastante l'aeroporto di Catania. Da circa le 16.00 del 28 novembre l'Etna aveva iniziato le emissioni
dal cratere sud estha Gli strumenti dell’Ingv di Catania hanno registrato un rapido incremento del tremore vulcanico nell’area sommitale dell’Etna, indicativo dell’inizio di un nuovo episodio di fontana di lava.
Eruzione che si è conclusa poco prima delle sette del mattino del 29 novembre.
Lo stop delle emissioni in atmosfera di cenere vulcanica ha ripristinato l'operatività di Fontanarossa e la riapertura degli spazi aerei chiusi al traffico nella serata precedente. Tutto regolare quindi. Tutto rispondente alle misure di sicurezza ma, comunque, lo scalo catanese, ancora una volta è stato bloccato dalla dinamicità del vulcano Etna.
Il rilievo discontinuo delle ceneri dell’Etna sulla navigazione aerea sembra aver assunto una rilevanza costante. Una frequenza che, probabilmente, potrebbe anche essere, almeno statisticamente, stimata: 10-30 eventi/anno.
La frequenza degli episodi eruttivi coinvolge almeno tre scali. Catania Fontanarossa, l'aerobase di Sigonella e l'aeroporto di Reggio Calabria. Riguarda l'attività civile/commerciale, quella militare italiana e USA per quanto concerne anche l'attività dei droni.
Un traffico aereo complessivo non irrilevante. Dipartimento della Protezione Civile, l’Ente Nazionale per l’Aviazione Civile (ENAC), l'Ente Nazionale per l’Assistenza al Volo (ENAV), l’Aeronautica Militare e l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv) sono coinvolte nelle procedure di identificazione dei fenomeni, delle mappe del rischio.
A riguardo ecco cosa sostiene la Protezione Civile Italiana.
Il rischio vulcanico si può definire come il prodotto della probabilità di occorrenza di un evento eruttivo per il danno che ne potrebbe conseguire.
Il rischio è traducibile nell'equazione R = P x V x E, dove:
P = Pericolosità (Hazard): è la probabilità che un fenomeno di determinata intensità si verifichi in un certo intervallo di tempo e in una data area;
V = Vulnerabilità: la vulnerabilità di un elemento - persone, edifici, infrastrutture, attività economiche - è la propensione a subire danneggiamenti in conseguenza delle sollecitazioni indotte da un evento di una certa intensità;
E = Esposizione o Valore esposto: è il numero di unità, o “valore”, di ognuno degli elementi a rischio, come vite umane o case, presenti in una data area.
In generale la Vulnerabilità delle persone e degli edifici risulta sempre elevata quando si tratta di fenomenologie vulcaniche. Il rischio è minimo solo quando lo sono anche la Pericolosità o il Valore esposto. E’ il caso di vulcani "estinti"; vulcani che presentano fenomenologie a pericolosità limitata; oppure di vulcani che si trovano in zone non abitate.
Quanto maggiore è la probabilità di eruzione, tanto maggiore è il rischio. A parità di Pericolosità invece il rischio aumenta con l’aumentare dell’urbanizzazione dell’area circostante il vulcano. Per fare un esempio, il rischio è più elevato per il Vesuvio, nei cui dintorni vivono circa 600 mila persone, piuttosto che per i vulcani dell'Alaska, che si trovano in zone a bassa densità di popolazione.
data inserimento: Giovedì 28 Novembre 2013