Un arco temporale di più millenni accoglie ricostruzioni mitologiche d’illustri poeti dell’antica Grecia, culla della nostra cultura, traslata nel tempo, per forza dominante, in un contesto epico ancorato alla valle del Tevere e, via via, arricchitasi, nel medioevo, di un supporto più concreto per poi sfociare nelle soluzioni tradotte, in pratica, nell’era moderna.
Il nostro ”vivere” quotidiano non può distogliere lo sguardo da quanto il passato ci racconta: il passato ci parla e ci indica, chiaramente, ciò che appare opportuno evitare per far sì che gli “errori” non si ripetano; la nostra indole, purtroppo, non se ne cura e i risultati sono sotto gli occhi di tutti; e non c’è difficoltà, in alcuno, a reclamare una visione soggettiva di ogni cosa che ci circonda. Così era il mondo; così è il mondo.
“Aquile dalle penne caduche” (allegato) vuole essere un percorso propositivo finalizzato alla ricerca di una condivisione propedeutica a individuare distorsioni operative e comportamentali del mostro mondo “azzurro” che nulla hanno a che fare con la sana gestione della cosa pubblica e di un servizio dedicato al pubblico; non mancano, di certo, manifestazioni positive, relegate, purtroppo, in un’area troppo ombreggiata, impropria e persistente.
E’ un frammestio di mitologia e storia, che s’incunea nella realtà e che emerge in un quotidiano non certo originale, ricco di connotati di bassi interessi che non assolvono, di certo, la missione assegnata nella sua completa espressione funzionale, sia essa “diretta”sia “indiretta”.
E’ una traduzione di liberi pensieri, affidati a un libero lettore, per non perdere il sano vizio di non dimenticare, navigando fra mitologia, storia e fatti recenti che hanno lasciato un segno indelebile nella società e condizionato non pochi “partecipi” diretti del nostro mondo colorato di azzurro.
"Aquile dalle penne caduche"
(Volo virtuale sui "nidi" delle aquile, e non solo, fra mitologia, storia e attualità) by ATC BATTER
Knossos, Creta, 2.000 a.c. e dintorni Dedalo, inventore, architetto, scultore e ingegnoso artigiano, un demiurgo appunto, fu incaricato dal re Minosse, di costruire un labirinto per richiudere Minotauro, figlio nato dall’accoppiamento di Pasifae, moglie di Minosse, e il toro sacro inviato da Poseidone. Dedalo era il custode di ogni segreto della costruzione portata a termine secondo le direttive ricevute e, probabilmente, conosceva anche la vera natura del Minotauro, essere mostruoso, feroce, metà uomo e metà toro. Per vincolare Dedalo al segreto viene lui stesso imprigionato nel labirinto, dal re Minosse. Non c’era alcuna possibilità di fuga, a meno che ….. ingegno, capacità e fantasia non escogitassero uno stratagemma degno della migliore mitologia. E così che Dedalo, attento osservatore di tutto ciò che lo circonda, costruisce due ali di piume per se, e due per il figlio Icaro; una volta attaccate le ali ai corpi, con della cera, spiccano il volo, guadagnando la libertà. Ma come spesso accade alla gioventù che non desiste nel provare emozioni forti, Icaro, lasciandosi trascinare dall’euforia, e forse da un innato estremismo infantile, non ascolta i consigli del padre e vola troppo vicino al sole: la cera si scioglie, le piume si staccano e precipita, irrimediabilmente, in mare. Anche la libertà, per essere completa, ha le sue regole, e vanno rispettate. Penisola Italica, 1486 e dintorni
E’ il tempo del Rinascimento e Leonardo di ser Piero da Vinci ne è un indiscusso personaggio, ricco di talento e ingegno; dà forme concrete a mitiche macchine volanti e le descrive nel suo "Codice sul volo degli uccelli". E’ un osservatore attento, e impeccabile, di tutto ciò che lo circonda e non pare difficile immaginare che in ciò abbia attinto, scrupolosamente, dai filosofi greci, precursori della nostra cultura. Ora, non è più la forza della mitologia che anima Leonardo bensì il suo attento osservare il volo degli uccelli e il trasferimento di movimenti utili a spiccare il volo nelle sue ipotetiche macchine volanti: ali battenti, ali rotanti e anche ali fisse ricoperte di tela ma …. la forza delle braccia dell’uomo non era sufficiente a sviluppare l’energia necessaria per spiccare il volo. Si raccontano aneddoti su ipotetici tentativi pratici di voli prova, come quello accreditato allo sfortunato G.B. Danti che si lanciò da una torre di Perugia con esito nefasto, ma non andò oltre, pur mantenendo intatta la convinzione che era cosa fattibile. Leonardo era uomo pratico che ancorava i suoi progetti a ciò che la natura offriva in studio e alla sua innovativa traduzione pratica ma, ancora una volta, doveva scontrarsi con una mancanza di sufficiente forza propulsiva che, al tempo, e per le sue necessità legate al volo, apparteneva al solo corpo umano. La forza del racconto mitologico si racchiude in un mondo di una fantasia assecondata dagli Dei; la forza della natura si contrasta con altra forza che non trae certo vantaggio dalla mitologia e, quella a disposizione dell’uomo, non appare ancora sufficiente a coronare il suo sogno di volare.
Parigi 1783 Di fatto si abbandonano le lungimiranti intuizioni di Leonardo, inapplicabili per mancanza di una sufficiente "forza motrice" e le mitologiche rappresentazioni dell’antica Grecia legata alle piume e alla cera e ci si lascia cullare, ancora una volta, da un immancabile spirito di osservazione di ciò che avviene e si presenta in natura; Il tutto è una rievocazione parziale della metodologia del tempo passato foriera d’interpretazioni dell’esprimersi della forza della natura ma con applicazioni mirate di altre intuizioni e teoremi susseguitesi con il passare del tempo. E’ l’ingegno dei fratelli Montgolfier a predispone il primo rudimentale "mezzo" aerostatico ad aria calda capace di sollevarsi dalla superficie della terra e spostarsi, trasportato dal vento, sul piano orizzontale, con l’intento, poi, di trasportare anche l’uomo; mancava, di certo, il controllo completo del "mezzo" ma fu una indiscutibile e cosciente applicazione, non occasionale, del principio di Archimede in ambiente non acquatico. E’ il 21 novembre del 1783 che su Parigi si compie il sogno, a lungo covato all’uomo, di librarsi in aria contrastando, ed equilibrando, in modo consapevole ed efficace, la forza di gravità che da sempre lo inchiodava a terra. Mancava ancora un controllo completo e funzionale di molte azioni ma le premesse trovavano finalmente credito: il volo umano. E’ il sogno che si avvera: è sempre l’osservazione di eventi in natura che attira l’attenzione di esseri ingegnosi e intraprendenti. Già nei primi secoli dopo Cristo in Cina si fecero volare le prime mongolfiere di carta ma per il trasporto umano si dovette attendere ancora oltre dieci secoli. E i fratelli Montgolfier ci riescono, appunto. Poi, come mitologia e storia insegna, anche qui non manca a tardare " il primo uomo a volare e il primo a morire": Jean-Francois Pilatre de Rozier. Icaro non riesce a controllare l’euforia; Leonardo non riesce a trovare sufficiente forza motrice per permettere alle sue "macchine" di volare; Rozier non riesce a controllare stabilmente l’idrogeno e l’aria calda utilizzata per sollevare l’aerostato. E’ un passaggio obbligato quello del "controllo", diretto e indiretto, che troverà, necessariamente, uno sviluppo esponenziale da qui in avanti. Carolina del Nord, USA, Dicembre 1903 Ecco, l’uomo, spiccare il volo "padrone" anche delle forze aerodinamiche: Wilbur Wright primo essere umano a far volare un mezzo più pesante dell’aria, mosso da un motore a scoppio, e a controllarlo come pilota a bordo. Sul finire del XIX secolo già altri pionieri ci provano con motori a vapore e anche con motori a scoppio ma tutto fu inutile: mancanze significative nel "controllo" del mezzo, compromettono la stabilità, e l’insuccesso è obbligato; non di rado tragico.
I fratelli Wright, Wilbur e Orville, applicano su una specie di aliante, in legno e da loro stessi progettato e costruito, con ali sovrapposte, un motore, frutto, ancora, di un loro progetto; e di un’elica anch’essa opera del loro ingegno progettuale e costruttivo. Sono costretti ad arrangiarsi perché nessun costruttore meccanico di allora riesce a soddisfare le loro necessità. Non manca un’attenzione particolare a quel sistema di "controllo" che nei tentativi dei precedenti pionieri si rilevò, essere problema essenziale; infatti, senza smentire né mitologia greca ne studi e storia Leonardiana, dedicarono non poco tempo a osservare il comportamento degli uccelli in volo e alla
sperimentazione del mezzo senza propulsore, facendolo planare da un pendio. Osservazione degli eventi in natura e sperimentazione mirata sono elementi primari che permettono la realizzazione di un sistema di "controllo" del mezzo, da parte del pilota, capace di regolare quelle forze aerodinamiche che si generano, in prevalenza, sulle superfici portanti e che, in particolari situazioni di volo ne compromettevano la stabilità. E’ una realtà nuova che non raccoglie l’attenzione delle già diffuse officine meccaniche pienamente occupate a sviluppare mezzi di trasporto indipendenti e, rigorosamente, su ruote ben aderenti al terreno o su binari di ferro; molti considerano questa "novità" del volo umano poco più di un nuovo ritrovato da abbinare alle attività tipiche del mondo circense: non si accredita alcuna possibilità di sviluppo e utilizzo utile per l’uomo. Sappiamo bene come la cosa si sviluppò in seguito. La prima guerra mondiale fu un trampolino di lancio per queste "nuove aquile meccaniche"; poi i preparativi in previsione del secondo tragico evento del 1939/45 spingono la progettazione, la realizzazione e le prestazioni dei mezzi volanti (aerei) a valori esponenziali. Ben presto emergono delle problematiche gestionali che nessuna osservazione in natura, sia pure attenta e qualificata, ha dato risposta concreta e trasferibile al nuovo sistema di "muoversi" nell’etere che si stava sviluppano. Acquisita la capacità di far volare un mezzo più pesante dell’aria, controllato e gestito dal pilota, risultò ben presto necessario trovare il modo di poter volare sempre, diciamo di notte e in mezzo alle nubi, e che più mezzi, contemporaneamente in volo, potessero sulla stessa area librarsi senza interferenze. La natura ha già dotato gli uccelli di queste capacità specifiche e indipendenti fra loro ma tradurla in "meccanica" organizzativa tecnologicamente fattibile, e sostenibile, è cosa lunga e di non poco conto. Quindi, costruite le macchine, di pari passo si sviluppa la capacità di mantenerle attive e funzionanti, di farle volare "ognitempo" (temine moderno che indica un volare in ogni condizione meteorologica e 24 ore su 24), salvaguardare (garantire) la possibilità di permettere di farlo in contemporanea a più mezzi e senza interferenze, ed effetti collaterali, dannosi. Nasce cosi un complesso organizzativo capace di implementare la gestione della nuova realtà tecnologica dando vita ad attività apparentemente collaterali, ma essenziali, quali la definizione di norme e procedure (Codice della Navigazione), l’impianto logistico deputato al ricovero, all’attività di volo e alla manutenzione delle"macchine volanti", ormai aeroplani, e a quella "ragnatela" d’impianti per le comunicazioni che nel breve volgere di tempo passa da segni e/o segnali riportati sul terreno dell’area di volo, a bandierine variamente "sbandierate" e a segnali fumogeni, a trasmissioni via telegrafo, poi telefono, fra punti fissi, alle comunicazioni radio terra/bordo/terra. E’ un complesso di nuove attività strettamene correlate al volo e finalizzate a garantirne un’utilizzazione pratica prima in campo militare e, poi, con indiscusso slancio, coraggio e determinazione in campo civile. E un aiuto determinante nel definire norme, procedure (Codice) e organizzazione vengono dalla già adulta e consolidata attività della Marina, sia militare sia commerciale. Non più "navi" ma "aerei"; non più "porti" ma "aerodromi"; non più "rotte navali" ma "rotte aeree". I "Comandanti" rimangono.
Mondo, prima metà del XX secolo
Nasce un "nuovo" paradigma e la preparazione e la gestione non possono che essere di pertinenza dello Stato e della relativa organizzazione militare già esistente, per poi ben presto confluire in una
nuova struttura di una forza armata di pertinenza quale l’Aeronautica Militare. E’, questa, un’evoluzione tipica sviluppata nella quasi totalità degli Stati sovrani. Usciti dal frastuono del primo conflitto mondiale le potenzialità che il nuovo "modello" offre non tarda a sollecitare le attenzioni del mondo industriale che intuisce le reali opportunità che il mezzo aereo propone come vettore commerciale per trasporto di merci e passeggeri. Inizia, cosi, una traslazione delle conoscenze ed esperienze acquisite dalle varie organizzazioni Militare verso soggetti commerciali che intraprendono i primi servizi di trasporto aereo a pagamento. Diversi gli Stati, diversi i legami fra "forza armata" e "impresa", ma tutto caratterizzato da uno sviluppo simbiotico. E non tardano a manifestarsi le necessità di ricorrere a codificare normative e procedure di tenore tecnico, comportamentale, giuridico e di diritto di natura internazionale per regolare ogni attività legata al nascente trasporto aereo. Anche in questo caso non poteva non mancare il supporto e l’esperienza già posta in essere dalle convenzioni internazionali di diritto marittimo e dai Codice della Navigazione (Marittima) adottato da ogni Stato sovrano. In tutto il mondo si assiste a una spasmodica interpretazione della novità che il "volo" lascia percepire: progettazione e realizzazione di modelli idrovolanti, per sfruttare le infrastrutture portuali esistenti, e di veri e propri aerei con "carrello" adatti ad atterrare e decollare prima da superfici erbose e poi da superfici, trattate con agglomerati, idonee a garantire un utilizzo sempre più diversificato e costante nel tempo e tendenzialmente meno condizionate dalle manifestazioni meteorologiche primarie rappresentate dalle precipitazioni; alla scarsa visibilità ci si penserà in seguito e, a ruota, anche alle condizioni di "nebbia" si dedicheranno attenzioni particolari. USA 1920/1940 La neonata industria aeronautica è in un continuo ribollire d’idee, progetti e realizzazioni pratiche; le superfici attrezzate e idonee per il decollo e l’atterraggio delle nuove macchine volanti (aeroporti) nascono come funghi. Gli "aquilotti" volano spavaldi e senza paura, e sempre di più, ma ben presto incominciano a essere in troppi per volare senza un"giuda" coordinatore; le interpretazioni dei segnali sul terreno, l’agitare delle bandierine degli addetti a terra e i segnali fumogeni non risolvono appieno le nuove necessità della crescente utenza impegnata nei voli. La problematica trova soluzione nell’utilizzo della radio per comunicare fra il pilota, che"controlla" il mezzo aereo, e un addetto a terra che "controlla", a vista, il cielo "campo" e la "pista" (sulla terra o sull’acqua); a ruota segue la codificazione di norme e procedure per la gestione "controllata" della restante superficie dedicata all’entrata/uscita "pista d’involo" e, via via, per il vero e proprio "controllo" delle rotte (spazio aereo) fra punti determinati e riportati sulle "nascenti" carte di navigazione. E’ un susseguirsi e un rincorrere di pubblicazione di procedure, comportamenti, compiti specifici, attuazione di nuovi servizi di supporto al volo finalizzati a permettere un sicuro svolgimento di ogni operazione legata al trasporto aereo che trova applicazione nella nascita del Controllo del Traffico Aereo. E l’Europa non manca nel tentare di tenere il passo.
E, ancora una volta, sarà un evento tragico, come la seconda guerra mondiale, a dettare un’ulteriore priorità di ricerca e sviluppo di un comparto che già contava su un’acquisita evoluzione esponenziale.
Europa, 1945 La storia non tradisce. Mille e più mille di anni sono passati dalla datazione del mitologico volo di Dedalo e Icaro e del contesto ambientale che racchiude anche realtà storiche legate al dominio dei Cretesi per il loro essere "capaci" navigatori; di fatto la capacità innata, strettamente legata alla posizione di isola in mezzo al Mediterraneo, aveva sviluppato negli abitanti una dimestichezza senza pari, a quei tempi, in fatto di padronanza del mare che permetteva loro di presidiare su tutto il mar Egeo e la penisola Ellenica e di intraprendere attività commerciali con le popolazioni che si affacciavano sul mare Mediterraneo; un dominio che durò per secoli e secoli fino al 1400 a.C. circa, quando i Micenei, stanchi della sottomissione a Creta e, acquisita (imparato), anche loro, finalmente, la dimestichezza di "muoversi" in mare prendono il sopravento; poi arrivano i Dori rozzi, incapaci di leggere e scrivere, diffidente verso ogni forma espressiva dell’arte e della filosofia e all’oscuro di ogni elementare "conoscere" della tecnica legata alla navigazione. Ma la forza dell’integrazione da forzata diventa necessaria; ci vorranno quattro secoli circa per amalgamare il tutto e rinvigorire l’arte, la scienza, la filosofia e riprendere dimestichezza con la capacità di navigare e sviluppare nuovi commerci e fondare nuove colonie. Poi, archiviata l’intuizione dei Macedoni e la fulminea manifestazione di forza di Alessandro, ci si dovrà sottomettere a una nuova nascente forza, quella del romano impero, chiara espressione di potenza sia in mare sia in terra. E qui si pone un punto fermo al tempo, non certo per disconnettere il resto degli eventi che manifestano, comunque, la presenza di un legante storico che è fuori discussione ma, semplicemente, per circoscrivere una temporalità, ampia e significativa, che senza ombra di dubbio può essere considerata progenitrice, in termini di sollecitazione di studio degli eventi presenti in natura e di soluzione pratica attuata nell’ultimo secolo del millennio scorso, dopo i tentativi legati al tempo rinascimentale. E non si tratta di proporre un forzato parallelismo fra mitologia, storia e ciò che possiamo chiamare attualità: è nell’ordine di ogni cosa, di ogni ritrovato, di ogni nuovo paradigma nell’arte, nella filosofia, nella scienza. Archiviato lo sconvolgente fattore "guerra", si riaccendono le speranze di una ripresa delle attività industriali, e produttive in genere, pur consapevoli delle enormi difficoltà che si prospettano e che non possono di certo sfuggire neppure a un’osservazione superficiale: la distruzione di fabbriche, d’impianti, d’infrastrutture in genere era pressoché totale. Con la forza di volontà e l’aiuto da oltreoceano si rendono possibile ciò che pareva essere impossibile; tutto si mette in moto e nel breve volgere di pochi anni prende corpo una fervente attività, prima di ricostruzione e poi di produzione, che ormai tutti conoscono in ogni dettaglio. Anche il settore aeronautico che nel periodo anteguerra aveva covato uno sviluppato particolarmente energico si trova ora ridotto a un cumulo di macerie; da lì si deve partire. E da lì si parte.
Mentre si lavora per rimettere in piedi l’organizzazione logistica e produttiva aeronautica per le esigenze immediate che ogni Patria esige, si ricorre alle esperienze già acquisite, e ancora
disponibile, oltre oceano in fatto di aerei, di materiali aeronautici, d’istruttori e di organizzazioni "tipo" per predisporre le basi di un nuovo sviluppo della forza aerea nazionale militare e, in stretta simbiosi, civile; di fatto, le prime "Aquile" e i primi "aquilotti" civili nascono da una costola dell’Aeronautica Militare sotto l’attento e vigile patrocinio dello Stato di pertinenza. Roma, Italia, 1946 Noi siamo leggermente in ritardo a causa delle note ondivaghe, e disastrose, alleanze belliche, degli intrecci, interessi e ideologie del post armistizio, della situazione della governace interna, della ridefinizione di una costituenda attività di natura diplomatica e partecipativa nel contesto organizzativo che nel nuovo mondo si stanno implementando. Ma ci arriviamo anche noi. E, come nel resto dell’Europa il "grande nido delle aquile" non può che essere una "cova" di pertinenza della nostra Aeronautica Militare già reduce da esperienze di navigazione e trasvolate atlantiche che hanno fatto storia. Riprende vigore la forza "azzurra" di natura militare e sin dall’inizio funge da elemento trainante anche per la nascente attività aviatoria civile che attinge nel variegato mondo "stellato" i primi tecnici e i primi piloti. Resta completamente affidata alla forza armata tutto quel contesto logistico e organizzativo legato alle telecomunicazioni e alla necessità di implementare un servizio di gestione operativa del nascente Controllo del Traffico Aereo, compresa la relativa istruzione e qualificazione del personale con l’aiuto e il supporto degli Anglo-Americani già ben avviati in questa nuova realtà. Pare tutto semplice: c’e da "copiare", ma …. c’è molto da inventare, e noi ci rimbocchiamo le maniche per fare del nostro meglio. E facciamo del nostro meglio.
E’ così nasce un nuovo paradigma nel grande nido della "mamma aquila", nostrana, che già aveva avuto modo di dimostrare capacità e conoscenze indiscusse sulla gestione e utilizzo della flotta aerea. Inizialmente si attinge a quattro mani a personale, civile e militare, alle dipendenze del Ministero della Difesa che, a quei tempi, era mantenuto in servizio con provvedimenti complementari aggiornabili di anno in anno: il servizio di "complemento", appunto, che ha dilagato per decenni. Non si era ancora coniata la definizione di "precario" ma di ciò si trattava. Si contava, comunque, anche sulla partecipazione di personale regolarizzato stabilmente, sia pure in percentuale a cifra unica, ovvero in servizio permanente effettivo, con prevalenti compiti direttivi, più "funzionali" che "operativi". Così era. E probabilmente, in quegli anni, era anche difficile pensare che si potesse fare diversamente visto che tutta l’organizzazione dello Stato era un susseguirsi di azioni che non avevano supporto consolidato e si "tappavano" le falle come si poteva. Fa accapponare la pelle pensare che ancora oggi esistano categorie di lavoratori/impiegati con simili precarietà, in primis nella scuola. E accapponava la pelle allora a pensare che il maggior supporto operativo di un servizio vitale per la forza armata stessa e per l’attività del trasporto aereo civile trovasse ancoraggio su una struttura organica costituita, prevalentemente, da personale precario. E nonostante se ne dica, e se ne racconti, quasi tutti erano motivati e legati affettivamente, ed emotivamente, a "mamma Aeronautica", l’aquila per eccellenza, anche se appartenenti a un mondo parallelo che assomigliava molto di più ai cuculi; d'altronde "mamma aquila" pur di continuare il suo percorso in modo incontrastato ha, di fatto, non solo accettato, ma propinato la cova, e la successiva convivenza, con il mondo dei cuculi. Forse alla forza armata
mancava la determinazione, e anche la capacità, di rappresentare le reali necessità, ed esigenze del sistema ATCS e si perpetrava l’accettazione di un dovere assegnato con innegabile, e condivisibile, logica quando il tempo postbellico non poteva certamente offrire né cosa migliore né cosa diversa. Con il passare degli anni aumenta la richiesta di supporto alle funzioni operative legate al sistema trasporto aereo, nel suo complesso, investimenti tecnologici e infrastrutturali compresi, per il significativo incremento dell’attività aeronautica militare e del trasporto civile. La forza armata è impegnata in modo massiccio a fornire supporto tecnico, didattico e addestrativo a ogni categoria professionale; lo "Stato", per il tramite di specifiche convenzioni fra soggetti diversi, ma comunque a lui stesso appartenente, favorisce e supporta lo sviluppo di tutto il trasporto aereo, militare e civile, in una simbiosi che non può non apparire naturale in quella che possiamo definire una star-up non solo d’interesse nazionale ma anche, e soprattutto, di biglietto da visita da spendere in campo internazionale. E in quei tempi ciò rappresentava importanza vitale per tutta la Patria. E qui torna alla memoria l’immagine "mitologica", nostrana, ambientata sui Sette Colli dove una generosa "lupa" allatta i futuri fondatori di Roma e, dopo oltre due millenni, il tutto pare materializzarsi sotto altra veste. Non mancano le solite e classiche ingenerosità, anche sprezzanti, riservate alla nuova "lupa", già come alla progenitrice, mentre aquilotti e cuculi, e qualche gheppio nel frattempo accasatosi con una consolidata e naturale propensione a "occupare", in fasi e periodi diversi sono tacciati di spavaldo opportunismo. Ma, si sa, il dovuto e naturale ossequio da riservare alla propria madre non può mai mancare, anche se posti di fronte a dei chiacchiericci che insinuano perplessità sul trascorso prematerno. Di certo non mancano episodi che possono tranquillamente assurgere a una siffatta rappresentazione scenica, non certo di natura teatrale, ma nel complesso il nascente proscenio funzionale ha favorito sviluppo e generato credibilità operativa e tecnica. Poi, cavalcando l’onda, o della professionalità acquisita o della non facile sostituibilità in un ambiente ingessato da un contesto normativo e retributivo ben definito, e con parametrazione conforme alle normative in corso, e non modificabili, in troppi hanno agito in proprio e fuori dagli schemi assegnati. Poi, ancora sui ruoli assegnati alla "lupa" e sulla sua "identità"; nel leggendario raccontare di Tito Livio e di Plutarco, su quanto prende vita fra le anse del sacro fiume nostrano, per poi proseguire sui sette colli, non si scomodano principesse e regine, come lungo il Nilo: non pare proprio il caso. Si attinge a "costumi" più caserecci e a un ambiente ruspante, dove non può certo trovare posto un nuovo Mosè, pur mantenendo fede alla suggestiva tematica di un fiume sacro, di una cesta di vimini e di un’immancabile e provvidenziale "salvatrice". Principessa, lupa o donna di vita non fa differenza a fronte di un gesto spontaneo e salvifico a beneficio della vita. Ma si raddoppia la "tenera" capienza della cesta. Roma è Roma.
Poi ancora i Sette Re, la Res Publica, e l’Impero: è un invisibile filo conduttore che lega mitologia, leggenda, a volte storia, e attualità di momenti e di luoghi che, certamente, hanno fatto la storia. E il solco tracciato, tutt’altro che invisibile, rappresenta, via via, un crescendo di potenza e dominio senza pari sul piano materiale e sull’estensione delle terre occupate. E, tutt’ora, rimane quel barlume di onnipotenza, sia pure articolato sempre in bacino mediterraneo, ma decisamene circoscritto alla penisola italica, isole comprese; è su questa espressione, chiara progenitrice di manifestazioni di Società, Imprese Aziende ed Enti arroccate e supportate da un sistema tipico del
feudalesimo, che nel recente passato hanno fatto soffrire, non pochi cittadini ( dipendenti, fornitori, soci, utenti ), che continua il volo a vista alla scoperta dei nidi delle aquile, degli aquilotti e degli immancabili, ed insostituibili, cuculi senza dimenticare il gheppio.
Roma 1960
Una svolta stoica per il nostro Paese: lo slancio propositivo determinato dalla programmazione delle XVII Olimpiadi nella città di Roma dà vigore a un’unificazione delle forze. Nasce, ufficialmente, una compagnia nazionale, per il trasporto aereo civile, che assume le sembianze del vettore ufficiale dell’imminente manifestazione sportiva. Un fiore frutto dell’intraprendenza nazionale, correlato da un supporto organico, succedutosi nel tempo, per opera dell’Aeronautica Militare in fatto di piloti, tecnici e Servizi di Controllo del traffico aereo per le funzioni d’istituto. Diversi i piani d’intervento, diverso lo status del personale e delle infrastrutture impegnate in uno sforzo epocale, ma l’innegabile indirizzo di valorizzazione di uno Stato, di una Patria pronta a dire la "sua" in un contesto di esposizione internazionale non ha eguali. Impressionano, ancora oggi, gli sforzi della compagnia aerea, ormai compagnia di Stato, per garantire i servizi di trasporto richiesto dalla manifestazione e impressionano, non poco, gli sforzi e i risultati ottenuti dall’Aereonautica Militare nell’assolvimento del Servizio preposto al Controllo del Traffico Aereo per soddisfare l’esigenza di pertinenza; a quei tempi, nessuno credeva realizzabile un servizio radar nella Terminale di Roma in tempo per le Olimpiadi: una primizia non da poco. L’Aeronautica Militare ci riuscì e "vinse" la sua medaglia, mai coniata e appuntata; ormai pochi se ne rammentano.
Poi spuntano le incomprensioni. La Compagnia, con il passare degli anni, pretende; il Servizio d’Istituto affidato prima all’Aeronautica Militare, e poi a un’Azienda/Ente, non può, e non deve, distinguere, sia pure nella consapevolezza di trattare una funzione operativa primaria finalizzata all’interesse della Patria/Stato.
Non c’era verso d’intesa: gli "aquilotti di compagnia" interpretavano il loro ruolo come preponderanti agli interessi del Paese e non contemplavano alcuna intromissione della concorrenza sia pure accettata in forma partecipativa, ma non egualitaria; ma la concorrenza non era dissociata dallo sviluppo, era semplicemente concatenata alle capacità espressive di professionalità che, spesso, nella catena operativa nostrana, di supporto alle attività di volo, gestite dalla compagnia stessa, mostrava deficienze legate a un semplicismo del "dovuto per essere", disarticolato dal reale, e doveroso per diritto, secondo la terminologia e la logica delle regole della coerenza. Non c’è spazio per una funzione utile ad amalgamare le supposte esigenze del vettore nazionale, civile, con quelle del servizio di Controllo del T.A. gestito in esclusiva, e per disposizione di legge rivolto a tutti, dall’Aeronautica Militare. Sono anni in cui chi "comandava", e "gestiva" assaporava, in anticipo, matrici utili per altri prestigiosi incarichi, senza "stellette", una volta espletate le funzioni di pertinenza. Nulla di strano in tutto ciò; ma ciò che lascia, ancora oggi, basiti, è la spavalda interpretazione delle funzioni assegnate, assolte, certamente, secondo i dettami funzionali accreditati, ma sicuramente già impregnate di un legante, ipotetico, per funzioni percorribili post congedo, anche prima del raggiungimento della naturale "maturanda"
età pensionabile; mentre gli "operativi", aquilotti e cuculi, si contrappongono virtualmente, senza alcuna possibilità di reale confronto su basi operative e tecniche di competenza, semplicemente sulla base di già predisposti dettami direttivi che non collimano, di certo, con le esigenze primarie né dei primi, né dei secondi; sono, di fatto, un chiassoso discorso fa persone mute e sorde: volutamene mute e, comodamente, sorde. Così gli "aquilotti" non percepiscono alcuna ragione diversa da quella di essere riportati a terra (o "mandati" in volo) nei tempi da loro, e solo da loro, stabiliti e i "cuculi" non sempre appaiono come percettori di azioni propedeutiche a soddisfare tali esigenze. E’ un contendere incompreso; e tale rimane fino all’anno 2005, per testimonianza diretta; oggi, certamente persiste. Impressiona, poi, l’incapacità di aquilotti e cuculi a interagire compiutamente per una finalità comune: sicurezza, ordine e speditezza del traffico aereo. Sono tre parole, tre principi, tre obiettivi chiave indissolubili e non modificabili nell’ordine che, purtroppo, sono spesso fraintesi e commissionati a piacere in funzione delle necessità, e opportunità del momento. E non sempre si tratta di proposizioni addebitabili all’utenza aerea. Gli esempi, di un passato recente, non mancano. E i gheppi di turno trovano la strada spianata; fatte salve le chiacchiere ci sono ancora molto e molto da fare. Italia, fine anni ‘60 Sviluppo tecnologico ed evoluzione operativa, nei vari comparti "aviation", non sempre riescono a procedere in sintonia. Le funzioni di chi è chiamato a missioni tipiche di un’impresa sul piano prettamente economico sono in continua competizione con altre realtà similari presenti sul mercato e, se riveste posizione predominante, il ritenere come "dovute attenzioni mirate" da parte del "provider d’Istituto" pare, essere la norma; ma nessuna funzione d’Istituto può essere assoggettata ad alcuna tematica compromissoria a favore, e a indirizzo, preminente verso alcuna impresa. Solo lo Stato può, e deve, prevedere funzioni mirate verso quei soggetti istituzionali chiamati a svolgere le funzioni loro assegnante e finalizzate alla difesa dei confini, alle attività delle Forze Armate, al soccorso in genere: dunque "attività di Stato" e/o equiparabili. Il trasporto aereo, come il trasporto commerciale pubblico passeggeri, svolto da una qualsiasi compagnia aerea, sia pur essa di proprietà preminente dello Stato, non accredita equiparabilità con alcuna attività di esso; è, e rimane, semplice esercizio d’impresa legato a un mercato regolato da normative attuative e di garanzie valide per tutti i soggetti similari, pur alla presenza di sinergie e collaborazioni fra un Organo dello Stato (nella fattispecie Aeronautica Militare) e impresa nazionale. Di certo non sfuggiva a nessuno la reale "collocazione" di un’impresa dedita al trasporto aereo nel contesto normativo della Stato di appartenenza ma, a volte, vista e non dimenticata l’origine materna, molti degli "aquilotti" involati oltre i confini definiti dalla "corona turrita" non disdegnavano a prodursi in sollecitazioni che, in precedenza, rappresentavano uno status di diritto senza riserva alcuna. Poi, più tardi, il Tevere, prima del suo lento scorrere fra le successive anse della Città eterna, a ridosso del Salario, uno sciabordare continuato delle sue sacre acque renderà sarmatica una piana che, con il passare del tempo risulterà sempre più impervia e foriera di poche fortune e coinvolgerà "aquilotti" e "cuculi".
Per ora restiamo "in zona", e "in tempo", e continuiamo il volo a vista. Nascono altre realtà dedite al trasporto aereo commerciale; inizialmente e per una manciata di lustri, non impensieriscono sua maestà, la regina nazionale, ben foraggiata dalle casse dello Stato. Si tratta d’imprese che nascono prima da imprenditori nostrani, poi da principi stranieri e, sul finire del ciclo espansivo, da aquilotti referenziati che decidono di non offrire più le proprie ali al vento pur di riporre la "testa fra le nuvole" e farsi cullare da un nuovo sogno.
E, come già noto, di lì a poco sarà un risveglio amaro; e lo sarà per tutti anche per coloro che si affidarono ad amministratori qualificati; così almeno venivano, di volta in volta, presentati e proposti. Però un’eccezione non manca; scrutato un orizzonte nebuloso, c’è chi dismette in tempo utile per poi riproporsi, alcuni anni dopo, con maggiore autonomia e un disegno imprenditoriale ancorato a realtà già collaudate. Il saper valutare, e il saper gestire, impone anche scelte sacrificali che, in seguito, renderanno credibile una nuova rinascita; così è stato e, tuttora, con una veste nuova di zecca, esiste e resiste in piena autonomia. A tutti gli altri rimangono, apparentemente, gli artigli, ma atrofizzati, e anche la vista pare sfuocata e, in ogni picchiata sulla presunta preda risulta, spesso, prevalere una disastrosa deportanza frutto di un non appropriato governo delle superfici dedicate. Alcuni restano impigliati nella rete dei "magazzini", altri in quella delle "manutenzioni" e delle "certificazioni" e altri, ancora, in quelle "finanziarie"; e non mancano nemmeno "qualificazioni tarocco". E’ un continuo uccellare in aree ritenute, erroneamente, di pertinenza ma disseminate d’innumerevoli avvisi di divieto. Ogni "toccata" risulta pesante e lascia tracce difficilmente cancellabili; tuttora non cancellate. Poi non poteva mancare neppure un colpo a effetto: il passaggio di un testimone fra "aquile reali" e "cavalieri bianchi" predestinati a funzioni patriottiche maldestramente dipinte e, altrettanto maldestramente, sprofondate. Sono fatti che non hanno una collocazione temporale lontana eppure c’e ne siamo dimenticati con tanta facilità; o con troppa facilità, volutamente, ignoriamo. (bibliografia a rife Ernesto Galli della Loggia) Italia, primi anni ‘70 Le imprese di trasporto aero commerciale "navigano" ancora con il vento in coda anche se, e si scoprirà poi, pare essere vento troppo artificiale. Sono anni in cui lo Stato così operava, e si adoperava, per mantenere viva e vitale una realtà pagante in fatto d’immagine, ma tremendamente costosa.
In parallelo si spinge anche sui Servizi ATCS (Servizi di Controllo del traffico aereo), affidati all’Aeronautica Militare, implementando la rete delle radioassistenze, allora essenziali e vitali alla navigazione aerea, ed espandendo la copertura radar sull’intera penisola. Non manca, di certo, la continua attenzione indirizzata alla preparazione e all’aggiornamento del personale, reclutato all’interno dei vari Corpi, Ruoli e specializzazioni facenti capo alla forza armata; si conta sulla disponibilità individuale, e volontaria, di coloro che intendono dedicarsi a tale servizio; e non sono rare nemmeno le "furbizie" di chi, nella piana laziale intende assolvere "solo" al servizio di leva come Sottotenente per poi, a scadenza, congedarsi secondo i termini dell’arruolamento, senza accettare di continuare nella nota forma della "rafferma" a tempo, quindi precario a scadenza determinata. Potrà sembrare strano e incomprensibile tutto ciò, ma tutto ruota sul fatto che Scuola di Lingue Estere e Scuola di Assistenza al Volo allora, trovava supporto logistico, all’aeroporto di Ciampino. Il miraggio che il suggestivo servizio permanente offriva era destinato a restare tale, viste le abissali incongruenze fra le effettive "necessità operative" e i saltuari dispositivi ministeriali (concorsi) legati a una normativa generale dell’amministrazione dello Stato che contemplava le proprie, e generali, necessità con parametrazioni disarticolate dalle effettive esigenze. Poi, piano piano e a suon di tagli, le forze armate si sono liberate, quasi totalmente, dal peso di quel tipo di precariato ma che tuttora persiste in molte altre istituzioni dello Stato; non pare vero ma così è. E come allora non era assolutamente possibile "tagliare" funzioni, certamente d’istituto, così non e possibile farlo, oggi, con quanto ritenuto essenziale alla vita e allo sviluppo dell’intero Paese. Si dovrà provvedere di certo.
Con il trascorrere degli anni se ne sono viste tante nel sottobosco "azzurro": era un continuo mette "toppe", e sempre diverse. Già dai primissimi anni ’70 l’AM si trova nella necessità di "esternalizzare" prima il servizio di manutenzione e assistenza apparati di navigazione e radar e, a ruota, il servizio "radiomisure" per il controllo e la calibrazione dei vari sistemi di navigazione e avvicinamento. Fino allora per assolvere tali competenze l’AM si avvale di propri aerei e un organico di specialisti e piloti addestrati e dedicati a tali specifiche funzioni; il personale tutto, come quell’operativo dedito al servizio ATCS, rientra nella comune gestione del ministero della difesa aeronautica. Stesse problematiche, stesse discrasie normative fra stessi addetti, stessi frazionamenti sul piano dello "status di servizio" (rapporti di dipendenza). Molti i riferimenti normativi datati a "Regio Decreto" e rinnovati per similitudine; il mondo si evolve, cambia con rapidità e richiede nuove azioni funzionali ma non trova adeguata attenzione in chi dovrebbe legiferare e la refrattarietà delle istituzioni si trasmette, inevitabilmente, a chi ne è delegato esecutore. Di fatto le funzioni appaltate all’esterno rappresentano il primo tentativo di aggirare l’ostacolo normativo che pesa sulla gestione del personale tecnico e specialistico dell’AM. E fu azione semplice: si conferisce appalto per la manutenzione tecnica e il controllo in volo degli apparati di radionavigazione e contestualmente si "libera" di personale ben lieto di transitare in una nuova struttura organizzativa civile foriera di proposte economiche decisamente allettanti; non cambia il lavoro, non cambia il posto di lavoro, cambia lo "status" e lo stipendio raddoppia. Pare lo stesso meccanismo posto in essere dalla pubblica amministrazione negli anni a seguire con la vendita dei propri immobili a società esterne per poi, contestualmente, prenderli in affitto mantenendo un’assoluta continuità della dislocazione dei servizi. Lo Stato non ha un adeguato modulo giuridico per regolarizzare, in forma stabile, il rapporto di lavoro di tutto il personale ritenuto indispensabile a svolgere funzioni d’istituto (non solo forza armata) e "appalta" tali servizi a un Ente terzo; l’Ente terzo, regolarizza il rapporto di lavoro e raddoppia la "paga" del dipendente. Senza ombra di dubbio c’è qualche cosa che sfugge, anche se coscienti dell’esistenza di meccanismi non facili da recepire; e da accettare. Lo Stato, o chi per lui, cede, a un soggetto d’impresa privato, risorse umane e funzioni altamente specializzate, senza percepire una lira e "paga" l’appalto del servizio di supporto tecnico reso a seguire; dopo oltre trent’anni di appalti, è sempre lo Stato, o chi per lui, a ricomprare il tutto a suon di milioni di Euro. Questi sono gli affari. L’aquila madre non recepisce compiutamente gli effetti degli eventi, da lei stessa posti in essere. Si affida a palliativi di stabilizzazione sempre più precaria per gran parte dei "new enter" in ATC e affida il suo "minuto" comparto direttivo, di un operativo disseminato in tutto il territorio nazionale, a subalterni sui quali riversa, a prescindere, capacità ingessate e già assegnate d’ufficio per il loro status di appartenenza o per un qualche cosa dal sapore più casereccio; un siffatto agire non contempla alcuna analisi sulle capacità intuitive del "necessario" che il futuro chiaramente prospetta. Perché preoccuparsi? Certo, lo schema gestionale in essere è fedele rappresentazione della catena funzionale prevista per una forza armata, ma il momento consiglia di spogliarsi da quel complesso di Perseo che si annida in ogni piega della divisa e di guardare avanti. Non c’è verso, si continua a percorrere la stessa strada e a considerare il comparto ATC complementare, ma di subordine, e custode di una forza entropica nel complesso sistema dell’ organismo militare; poi negli anni a venire si evidenzierà, in chiaro, che questo "status" entropico era saldamente ad appannaggio di funzioni apicali, e sub apicali, delle nostre istituzioni. E passano gli anni, fra "rattoppi"e qualche "esclusione" astrusa di troppo: trasferimenti improvvisi, strumentali e incompresi e mancate concessioni di rafferma.
Il piacere per la barba, per la moto, per un vestire "casual"nel tempo libero, per una manifestazione di idea chiara, rispettosa, ma disallineata dal pensare del diretto superiore poteva
innescare una procedura di "attenzione" mirata; puntualmente posta in essere. Poi, in parallelo, non mancano neppure approcci ritenti incestuosi, se "illuminati" dalla luce del sole, ma si preferisce contare su un artificioso eclisse permanente. Poi, a giochi fatti, tutto verrà alla luce. Italia 1979 La "macchina" pare essere proprio simile a quella del Leonardo: robusta, ingegnosa, ma deficitaria, e sbilanciata, in forza propulsiva. Leonardo, a suoi tempi, non poteva fare diversamente; l’aquila regina, a suo tempo, non solo poteva ma doveva fare diversamente. La Forza Azzurra appariva essere in un compartimento blindato e non era in grado di andare oltre, anzi non aveva nemmeno la più pallida idea di cosa volesse dire andare "oltre" (Rife Jerremy Rifkin); la struttura direttiva non mancava occasione nel manifestarsi incapace nel percepire lo stato di disagio che la grande maggioranza degli addetti quotidianamente manifestava, sempre con osservanza e con il rispetto dovuto. Squallidi i tentativi di percorrere la strada della sanzione, prevista dall’ordinamento militare, nei confronti di soggetti subalterni; e non trova adeguato supporto logico nemmeno la formalizzazione della stessa; appare, verosimilmente, come un atto teso a dimostrare il porre in essere di un qualche dovuto intervento, con funzioni regolatrici, minimizzando il fatto dell’essere a conoscenza, di ogni minimo particolare, ben prima del verificarsi dell’evento oggetto della contestazione di censura. Un agire che non propone, di certo, alcun percorso magistrale finalizzato a promuovere maggiore correttezza funzionale e comportamentale del subalterno censurato, più di quanta abbia egli stesso già acquisita, apertamente manifestata e formalmente integrata nel suo DNA. Agire che non resta "orfano" nel tempo a seguire: muta la veste statutaria del censurando, ma, inizialmente, la matrice resta la stessa. Poi anche la matrice subirà ritocchi e sollecitazioni indirizzate, e condizionate, da soluzioni risarcitorie, rinunciando a capire ogni fondamento. E’, questa, una chiara manifestazione di disagio di troppe funzioni direttive che, di fatto, poggiano il loro agire quotidiano su una valenza frutto di un "recinto mentale protetto" che esclude ogni apporto esterno, ovvero degli altri. Dai turbinii, comunque contenuti, nel corso dell’ultimo quinquennio degli anni ’70, emergono ipotesi di sollecitazioni parallele, a causa di movimenti diversi, tese a dare vita a una matrice valida per una protesta poco comune, e alquanto impossibile, per una marcata espressione ideologica di una categoria di appartenenza (status organizzativo militare): si lamentava, e si rivendicava, partecipazioni anche al nulla di pertinenza di altri, e per di più, significativamente privo di benefici effetti collaterali; non mancarono labili e pallidi tentativi di contenere e soddisfare una siffatta tendenza, dai marcati toni populisti; e il tutto trovava facile naufragio per assenza di convinzione, e volontà delle parti. Ma il Controllore del Traffico Aereo, non il restante complesso comparto di supporto alla Navigazione Aerea, non si aggregava alla protesta esplicita, fatte salve alcune unità, ma sollecitava interventi mirati a sanare una disarticolazione normativa che via via si rilevava sempre più pesante e difficile da sostenere. Non poche le linee di faglia che si manifesteranno, con evidenza, a seguire; chi era chiamato a porre attenzione si dissolve in mille distinguo. Già in molti altri Paesi europei la linea guida indicava una traccia fuori dal rispettivo ordinamento militare, ma ciò non significava "fuori i militari"; questa terminologia imbastita alle problematiche interne, del settore ATC, da sarti spregiudicati, ha fatto sì che ciò apparisse tale e che per tale obiettivo il Controllore del T.A. operasse.
Propendere per un’organizzazione su base non militare non mette, necessariamente, in discussione il "militare" ma semplicemente propina il raggiungimento di uno status normativo, per
il personale addetto, più conforme alle funzioni richieste ed espletate. Non è certo cosa astrusa sostenere che se la Forza Armata avesse trovato rimedio allo status del personale chiamato a svolgere le funzioni CTA oggi non si ricorderebbe, di certo, un epilogo drammatico come quello sfociato il 19 Ottobre del 1979. Non è certo un segreto, e tanto meno una cosa strana, trovare personale civile alle dipendenze delle Forze armate; e senza essere dei militari, lo erano già i "quattro gatti civili", alle dipendenze dall’Aeronautica Militare sin dall’immediato dopoguerra che prestavano la loro opera con l’incarico di Controllori del Traffico Aereo con preparazione acquisita direttamente dagli angloamericani e inquadrati come operai, capostipite di una professione altamente qualificata che la forza armata, ben presto, farà "propria" in ogni espressione funzionale, direttiva e operativa. La sola ipotesi di un servizio legato a un’organizzazione "non militare" innesca, di fatto, scenari di scioperi devastanti e inaccettabili per le funzioni operative espletate dalla forza armata, ma mai, ed è opportuno ribadire mai, un qualsiasi sciopero del comparto ATCS, da 1979 a oggi ovvero dal momento in cui ha preso corpo l’organizzazione civile, ha riguardato e intaccato alcuna attività legata ai voli militari, e assimilabili per legge, a garanzia del trasporto di Stato, soccorso, supporto sanitario ed emergenze; servizio garantito anche quel 19 Ottobre. Non c’è alcun dubbio che le funzioni espletate dal comparto ATCS rivestono importanza e valore significativo che va ben oltre i confini nazionali, ma non è difforme da tanti altri servizi "garantiti" dallo Stato e, come tali, ogni astensione ascrivibile a una "protesta" è censurabile. Qualche esempio? Trasporti pubblici, in generale, e servizi sanitari bastano per rendere chiaro il concetto. E non ci sono dubbi sul fatto che la smilitarizzazione, con il passare del tempo, avrebbe acquisito comunque una valenza obbligata ma resta doveroso rimarcare la necessità di un’evoluzione condivisa, concordata e preparata. Invece succede di tutto; e tutto sfugge di mano a tutti; e tutti sono al corrente; e tutti sanno. E’ una cosa che sistematicamente si ripete, e si ripeterà a cavallo fra il secondo e terzo millennio. Un po’ di accortezza, e un po’ di attenzione, avrebbe fruttato in immagine e in capacità utile a tutti; alla Forza Armata, in quel tempo, in modo particolare, è mancata, purtroppo, la capacità necessaria di capire e comprendere il comparto specialistico dell’ATCS e dell’evoluzione dello stesso, e di proporre una soluzione valida; mancare di "esplorare" il campo che il futuro propinava, senza alcun indugio, fu mancanza grossolana, e manifestò, indirettamente, che conservare la posizione acquisita in un ambiente "blindato", equivaleva a conservare non soltanto la posizione di "lavoro" ma anche la reputazione protetta da una corazza (divisa) intollerabile: il sentirsi"oppresso" fece il resto; è mancato un Master Plan che indicasse e annunciasse idee e obiettivi condivisibili, necessariamente utili per tutti; la forza "civile" ha cavalcato l’onda del momentaneo idealismo antimilitarista (ideologia) senza curarsi, minimamente, della devastazione che ciò avrebbe innescato in un servizio vitale in uno Stato di Diritto dove il "populismo" non può, di certo, essere foriero propositivo; e a cavallo dei "millenni" è mancata la capacita dell’azienda "provider" di curare competenze e obblighi istituzionali. Ancora oggi tutto ciò pare incomprensibile a fronte di vere "eccellenze" gestite dall’AM, sin dalle sue lontane origini, e delle macroscopiche e semplicistiche dimenticanze gestionali imbastite da un soggetto civile, "provider", a salvaguardia di una presunta protezione di prestatori d’opera ritenuta esaustiva solo per il fatto di essere comandata. Pare lecito chiedersi che cosa sapessero i consiglieri militari dell’AM, aggregati alle diverse Istituzioni della Repubblica, e che cosa raccontassero, in proposito, ai loro preposti Istituzionali. Non inganni la frammistione degli eventi, dei comportamenti e della neutralità notarile posta in essere, da troppi soggetti, che rende ombroso il proscenio e diluisce contesto e cause degli eventi; c’è posto anche per le eccezioni.
Nella primavera del ’79 un "aquilotto spiumato", ma dotato di una visione che andava oltre ogni orizzonte materiale, allevato rigorosamente in terra Puteolana, e a capo di un centro ATCS del
Nord, manifesta a chiare lettere davanti a tutti i convenuti, Generali e subalterni, una realtà in marcia, inesorabilmente, verso lidi insostenibili e incontrollabili. Rappresentazione coraggiosa, e impeccabile, di uno stato reale ma non recepita da chi di dovere; poi, alcuni mesi più tardi, facili saranno le spartizioni di compiti e funzioni, su sponde opposte, con la partecipazione delle Istituzioni messe alla verga da un Presidente fuori schema. E senza battere ciglio. E’ una "nuova storia" che inizia il 19 ottobre del 1979: gestire la decadenza di un direttivo, importante e glorioso, nato da un Commissariato per l’Aeronautica il 24 gennaio 1923, per assumere poi, il 28 marzo successivo, il ruolo di Regia Aeronautica come forza armata indipendente, e poi Aeronautica Militare dell’era Repubblicana, è impresa certamente di non poco conto, ma non ci sono altre vie d’uscita. Rattrista, comunque, rilevare un assalto alla diligenza che parte ancor prima che la diligenza stessa prenda forma; e non è una visione distorta, è realtà racchiusa nei fatti che hanno successivamente dato corpo alla costituenda e nuova struttura organizzativa. Va riconosciuto al coraggioso "aquilotto spiumato", diretto conoscitore del mondo di quei "cuculi" cui lui stesso è partecipe, e cultore di un’impeccabile dottrina di fedeltà verso l’aquila regina, il non aver ceduto ad alcun richiamo delle sirene. Resta comunque della tristezza nel pensare alle tante eccellenze che la forza armata ha saputo implementare con impegno e sacrificio di anni e anni, e il servizio ATCS ne aveva titolo, e vedere quest’ultimo quasi "abbandonato" nelle sabbie mobili senza padroni ma con tanti padrini. Sta di fatto che il 24 ottobre del 1979 un decreto-legge da vita al Commissariato per l’Assistenza al Volo Civile presso il Ministero dei Trasporti; poi la storia delle evoluzioni successive è cosa nota ma …. non manca una marcata foschia permanente che rende appannate tante azioni e reazioni anche a una navigazione secondo le regole del volo a vista speciale, unica tipologia di volo plausibile, per note ragioni di opportunità perché il CFR e IFR appaiono bandite perché inquinate o da troppe interferenze incestuose a bassa quota, la prima, o da eccessive interpretazioni soggettive dei segnali radio, la seconda. ( CFR regole di volo a contatto con il suolo; IFR regole di volo strumentale) Si assiste a un revival di eventi storici, frammisti a non poca mitologia, del lontano passato, dove trova radice la nostra stessa cultura. Prima i Cretesi, poi i Micenei e poi i Dori; dopo alcuni secoli di forzata convivenza e utile acquisizione delle reciproche conoscenze, quando tutto pare riprendere vita, arrivano i Romani. Già la leggendaria raffigurazione assume connotati reali postdatati. E’ un parallelismo con gli eventi di recente imbastitura, osservato da posizione privilegiata, libera da ostacoli e non condizionata, che può sembrare anche rappresentazione teatrale, ma è teatro vivo: vivo l’ambiente, vivi i protagonisti, vive le storie, vivi i fatti e vivi gli effetti. I "Cretesi", auto disarcionati, sono sostituiti da "Micenei" già capaci di un’azione condizionata dall’influenza e dalla forza del popolo "Acheo"; nei "Dori", l’imponente forza fisica e la natura battagliera che li rende capaci di un’azione propulsiva unica, non tarda a concretizzarsi: l’ora è giusta per buttarsi, a viso scoperto, nella mischia e assaporare il gusto partecipativo in una gestione che si prospetta ricca di soddisfazioni.
Attorno all’azione madre del 19 Ottobre torna ad aggirarsi il fantasma del "movimento" e d’ipotetici "leader" risultati, poi, ben ancorati a destra e a manca (i più a manca); "Achei", "Micenei", "Dori", e pure "Cretesi", in un turbinio spesso disarticolato e improvvisato, trova casa in uno dei tanti quartieri disseminati sui sette colli, preceduti, però, da una schiera di solerti
"Romano-Dorici" preallertati dall’insistente starnazzare delle immancabili oche Capitoline, sempre all’erta e….. attente al becchime. Ben presto matura la consapevolezza fra i più, che molto dell’attivismo riscontrato in passato pareva essere ricco di uno slancio marcatamente ideologico, e frutto di una reazione scomposta e forastica, a scapito di una rivendicazione di un giusto riconoscimento in termini di funzioni operative significative, e irrinunciabili, per il sistema Paese. I più non mettono mai in discussione le funzioni direttive, anche se obiettivamente discutibili, vista la natura originaria delle stesse, coadiuvate e supportate da uno slancio filosofico incallito, più che acquisito per convinzione e conoscenza specifica, e influenzato dal persistere di un eccessivo residuo di anidride solforosa. Ciò non toglie che, al riscontro del subalterno, le azioni di guida risultassero dissociate dalle pressanti esigenze di natura giuridica del rapporto occupazionale della maggioranza degli addetti, in funzione delle mansioni espletate, e che le stesse rappresentassero un corollario non del tutto compatibile con la forma di governo in essere di una forza armata che, oltretutto, non era in grado di modificare e rendere efficiente. Al subalterno può anche essere contestato l’uso del diritto (o la libertà) di critica ma non può essere precluso un accesso a un onesto e corretto rappresentare di esigenze. Diffusa, ma non totale, la miopia direttiva; nascono anche delle proposte e sollecitazione d’intervento propositivo a sanificazione ma rimane certamente totale l’incapacità di agire del potere legislativo a fronte di un esecutivo inebriato da reporters ipovedenti e fautori di proposte di ritocchi marginali prossimi allo zero. Poi le speranzose minimizzazioni e il confidare in un rapido esaurirsi delle sollecitazioni, come si trattasse di un temporale estivo, solitamente di breve durata, hanno fatto la differenza; è mancata una razionale capacità, a tutti i livelli, di gestire la situazione. Il D-day scatena uno sciame sismico, e conseguente maremoto di proporzioni inaudite: tante le macerie; complessa la ricostruzione; sbocciano i primi tentativi di sciacallaggio; numerose le scialuppe calate in mare con presunti naufraghi, attenti e guardinghi, in attesa di approdare a nuovi lidi. Il potere giudiziario sembra muoversi con discrezione, almeno quello di competenza "civile", mentre quello di pertinenza "militare", allertato in tempo da chi tutto conosceva, pare poi seguire i "consigli" provenienti della Presidenza della Repubblica e tutto si dissolve. La particolarità degli avvenimenti, maturati e covati sotto la cenere e la complessità delle funzioni operative espletate, conformi alle direttive istituzionali, ha fatto sì che il tutto rimanesse infagottato in un groviglio di torti e ragioni inconciliabili senza mai diventare "indizio di reato" secondo norma giuridica; di fatto, non si volle "scoprire" la manovalanza nota per non mettere in evidenza i "supporter". Momenti critici fra consapevoli consensi e, altrettanto, consapevoli dissensi maturati fra personalità di Governo e fra alte sfere miliari e, fra queste ultime sfociano anche in manifeste disponibilità a rimettere il proprio mandato, ma di ciò non se ne conta alcunché. Il meccanismo, alquanto pasticciato, della raccolta, e del successivo inoltro ai vari Comandi Militari, di parte delle lettere di dimissioni, non rappresenta certo un’azione ispirata da opportunità e completa conoscenza professionale del "diritto", e del regolamento militare, e ha fatto scattare, in più di qualcuno, l’ipotesi di perseguire i firmatari per ammutinamento. Di certo, l’azione posta in essere, non pare essere esente da "forzatura"; è altrettanto noto che ogni incursione ha successo quando la resistenza è debole, disattenta o impegnata su altro fronte.
Poi emergere che il tutto era da tempo conosciuto da tutti gli alti Comandi Militari e da non pochi autorevoli esponenti politici, Ministri compresi, e che nessuno, proprio nessuno ha ritenuto utile, e pagante, intervenire per fermare sul nascere la clamorosa azione; ciò ha depotenziato la primaria ipotesi di perseguire tale reato.
Le "forze di soccorso" scattano il primo pomeriggio con l’irrompere sulla scena del Sig. Presidente della Repubblica (Sandro Pertini), che presiede il Consiglio Supremo di Difesa e che ha il comando delle Forze Armate; una "scossa" assestata agli Organi dello Stato con indiscussa e caparbia volontà di porre immediatamente fine a ogni contendere innescato da un’azione eclatante ed estrema ma che si poteva, e si doveva, evitare. Mattinata caotica e da brividi nei Centri di Controllo Regionali e nei maggiori aeroporti con traffico civile; la mancanza del dovuto avviso ai naviganti (notam) di una possibile e probabile chiusura dello Spazio Aereo nazionale, emissione caparbiamente negata dalla competente autorità militare preposta, e la diffusione in voce e in video di rassicuranti messaggi di assoluta normalità per il giorno a seguire, da parte di autorevoli membri dell’Organo esecutivo dello Stato, fa apparire tutto nella norma. L’utenza recepisce il "messaggio" e mantiene in vita la programmazione prevista. Le prime avvisaglie non confortanti si manifestano già con l’inizio del turno della mattina quando i controllori notificano formalmente la disponibilità a fornire soltanto il servizio preposto dai compiti d’istituto a garanzia di ogni necessità operativa per tutto il traffico militare, voli di stato ed equiparati, voli e operazioni di soccorso, voli ambulanza e qualsiasi emergenza; di fatto si esclude tutto il traffico commerciale e di linea. Ed è un chiaro distinguo dal termine noto, e coniato in modo improprio, delle "dimissioni". Di lì a poco si passa dal caos al dramma: il nervosismo si taglia fette e non aiuta di certo il persistere di una caparbia volontà, dei preposti responsabili intermedi fra l’operativo e il Comando, ancora aquilotti spiumati ma non vaccinati, a non voler capire ciò che stava accadendo e a tentare disperatamente di porre un argine a un fiume in piena non più arginabile; commuove questa manifesta ingenuità di tali "pretoriani" di fatto e di diritto, sia pure propinata e sollecitata da un preciso ordine superiore è palese e non può sfuggire all’impropria determinazione a sollecitare gli "operatori in cuffia" a una gestione operativa che, ormai, non garantiva affatto la valenza primaria della sicurezza in quanto ogni "ordine" delle cose si perdeva in interventi a dir poco caotici in un contesto ambientale e operativo frastornato e lungi dall’essere sereno. Con il lento trascorrere del tempo la situazione operativa continua a degenerare, e si fa drammatica; tensioni crescenti e atteggiamenti scomposti aggravano notevolmente ogni azione che spinge finalmente, tutti, verso un intervento drastico: dalle 12.00 UTC lo spazio aereo di competenza dello Stato italiano resta precluso a tutto il traffico commerciale e di linea. E finisce un incubo per tutti coloro che hanno vissuto quei momenti, in modo diretto, nelle sale operative; ogni incubo covato al di fuori di esse è, comunque, poca cosa. Ancora oggi, nonostante tutto, c’è da rimanere increduli che una siffatta manifestazione, tipica di una distrofia miotonica, non abbia provocato alcunché d’irreparabile. Il "tutti" non è per niente casuale e comprende controllori, assistenti, tecnici e ogni funzione intermedia "comandata" a mediare con l’operativo; pare scontato non comprendere fra i "tutti" i preposti al comando direttivo apparsi decisamente interessati a predisporre eventuali azioni sanzionatorie nei confronti dei subalterni, rei di mancati adempimenti di ordine militare, e che l’ordine militare prescrive, pur di celare la loro progressiva e reale incapacità a gestire funzioni loro demandate, di una sezione operativa di pertinenza; è un momento in cui pare prevalere il "diritto" alla difesa del proprio operato direttivo a scapito di un più sacrosanto "dovere" di garanzia, in primo luogo della "sicurezza" del servizio fornito.
E’ certo che la perversa ostinazione a non emettere il relativo "notam" in tempo utile, conoscendo per filo e per segno ciò che si stava prospettando, non può rappresentare azione tesa a dare garanzia di un servizio secondo i principi e le norme internazionali previste, condivise e accettate; e non è certamente azione cosciente che trae forza da professionalità accreditata, e riconosciuta, da tutti. Purtroppo, a volte, anche alle "trappole" chiaramente visibili si concede l’opportunità di
scattare e recare danno; è una concessione di troppo, figlia di un pressapochismo non professionale, e sempre difficile da accettare. A mezzanotte dello stesso giorno le attività operative del Controllo del Traffico Aereo riprendono con regolarità a essere fornite anche a tutto il traffico aereo commerciale e civile; lentamente la normalità delle funzioni assegnate riprende corpo. Ma resta uno scenario apocalittico. Roma 20 ottobre 1979 Una frenetica attività di prodi combattenti dalle più svariate origini, e dagli interessi più disparati, frammisti a qualche collega onesto senza padrone, nel volgere di poche ore, assume, come d’incanto, una consistenza numerica ragguardevole. All’ombra della fontana di Dioscuri, sul più famoso colle di Roma, si raduna, così, una forza che si predispone nella tipica formazione a falange accreditata allo stratega Milziade: è la "lapis niger" del ventesimo secolo che sconvolgerà teoremi, struttura e tradizione legate alla gestione dello spazio aereo nazionale. Tutti, convinti delle proprie ragioni e determinati a raccogliere frutti, occupano la posizione di pertinenza; i nuovi "Dori", in apparenza ultimi arrivati ma dotati di forza innata e di capacità strategica acquisita nel tempo, si posizionano alle due estremità; e il "gioco" è fatto: bastano cinque giorni per tracciare e fissare la linea base della nuova struttura che prenderà in carico il Servizio di Controllo del Traffico Aereo Generale. Il seguito è noto a tutti; e non mancano contraddizioni, disaccordi, polemiche e … tanto altro ancora. Lungo Tevere 740 A.C. circa Fra canneti, terre malsane e dolci insenature del fiume Tevere si consuma la leggenda nostrana, già ricca di accomodamenti ombrosi, di controverse interpretazioni del "caso", e del "tempo", all’uopo imbastite da "figure" preposte a scrutare il volere degli dei per assegnare incarichi e titoli. E occasioni propizie e similari non sono mai mancate da quel dì, fino ai giorni nostri. E tutte le azioni di bonifica del territorio, iniziati millenni addietro, paiono raccontare un inutile trascorrere del tempo. Roma, 1980, e a seguire Tracciate le linee guida, i nuovi "Dori" si accomodano su una poltrona apparentemente defilata, per strategia e per opportunità: c’è tempo per bussare alla porta come si deve. La nuova "governance" è affidata ai nuovi "Micenei" sbarcati in fretta e furia dalla nave madre e accomodati, preventivamente, in scialuppe di salvataggio, alcune delle quali predisposte anche in anticipo. Ma non c’è verso: il mare continua a essere agitato e un forte vento di traverso compromette la stabilità, ora di questa, ora di quella scialuppa. E’ un bel dire "naviganti": acqua e aria non sono la stessa cosa. E i provetti "bagnini", già piazzati a dovere, devono barcamenarsi non poco a indirizzare le proprie attenzioni su uno o sull’altro e …. anche la deontologia di un uomo di mare, non più in erba, arranca; difficile scegliere se indirizzare le proprie attenzioni a un uomo già in acqua o a uno già in difficoltà ma temporaneamente in salvo su una scialuppa.
Non c’e verso: si continua così per anni e anni; quasi venti, con un solo intermezzo di breve durata.
E’ un andirivieni continuo nello scivoloso e instabile pianoro di golena del Salario, dopo un peregrinare non certo glorioso e, quasi quasi, umiliante in altri quartieri romani. L’autoreferenzialità patrocinata è fenomeno diffuso in ambito AM e costituisce viatico promozionale per ricoprire posizioni di rilievo ai vertici di Aziende e industrie che lavorano per la Difesa o per perorare soluzioni funzionali addestrative non congrue e incuranti delle sovrapposizioni dispendiose; la logica di uno Stato efficiente imporrebbe soluzioni più snelle ma così verrebbe meno la logica del "potere partecipato". E in questo turbinio restano coinvolte anche nuove forze, non solo apicali, del nuovo Ente provider, che nuove non sono affatto, e manifestano cultura direttiva di chiara espressione di un passato che non c’è più: perseguire una funzione direttiva con stampo "colonnellistico" non può avere un futuro in una realtà non militare. Non manca neppure qualche conduzione direttiva in contrapposizione, sul piano ideologico, alla dottrina militare; è solo apparenza perché, di fatto, è identitaria: così ho deciso, perché così è, e cosi si fa. La funzione di "comando" precedentemente inquadrata nel contesto di un grado "superiore" ha fatto comunque scuola e ha trascinato qualche oscuro e ingrato soggetto operativo in una confusa e maldestra credenza perversa tesa a contrapporre una "funzione" di comando interpretando la stessa metodologia applicata dalla precedente gestione militare, disconoscendo e calpestando, anche, la divisa fino allora vestita; e non si trattò di certo di una "pagina" gloriosa. Di fatto non si acquisì il concetto che "il governare" non è "il comandare" e che un corretto uso della forza di "governo" passa attraverso il saper osservare, capire e scegliere la soluzione idonea tesa a garantire la funzionalità di un servizio d’istituto; il rifugiarsi dietro la posizione del "comando" senza capirne la diversità che il tempo e il sistema impone non pare certo, essere stata impostazione lungimirante; satrapie non funzionali, e di fatto dannose, non sono mancate. Una siffatta gestione funzionale non poteva, e non può mai, dare risultati apprezzabili; men che meno in quell’occasione, ricca di esempi gestionali quotidiani, alcuni significativi, altri più spiccioli ma marcatamente "ideologici "in termini di manifestazione di "comando". I due poli finiscono sempre nella loro naturale complementarietà e generano, purtroppo, scempio gestionale ed effetti negativi che non tardano a manifestarsi. Pare fondamentale capire che una gestione o un comando se impostato su una funzione collaborativa ha maggiori possibilità di ottenere risultati utili rispetto al caso in cui si escluda il ragionamento degli altri collaboratori; è l’intuizione, e la convinzione di L.J. Abercrombie che affida a un"supporto laterale" la concreta probabilità di riscontri positivi; è un paradigma che trova applicazione positiva quando proposto a base di ogni attività apprenditiva e di ricerca, e sollecita un’analisi ad ampio spettro; ma troppi recettori si manifestano scettici quando raggiungono posizioni apicali; Il racchiudersi in un recinto mentale che esclude "gli altri" è un chiaro rigetto di una proiezione che si coniuga al futuro (rife D. Giglioli, Corriere della Sera). Generali, colonnelli, compagni, amici e camerati non se ne curano affatto; né nella covata dei cuculi né altrove. Cambi, prima di Commissari e poi di Presidenti, imbastiti dalla mattina alla sera sulla spinta di forze politiche predominanti del momento, non agevolano il percorso costitutivo della nuova organizzazione. Sin dall’inizio la presa in carico del personale appartenente all’Aeronautica Militare segue direttive imposte da una voluta, perversa e distorta sollecitazione di "smilitarizzare" il più possibile, e comunque; poi una fiumara scesa dai sette colli ha completato l‘opera.
Organizzazioni ATCS di aeroporti minori si trovano a essere "caricati" di personale, più che doppio rispetto alle effettive esigenze, al quale è difficile assegnare un incarico secondo la più elementare 19
logica organizzativa e funzionale; e non si può toccare; e non si può trasferire; altri siti più complessi e più impegnativi restano, ancora una volta, sguarniti e a fare i conti con la mancanza di personale qualificato. E non c’è verso di equilibrare i conti. Poi, la bella "pensata populista", tanto cara ai nuovi "Dori", si espande nella professionalizzazione omnicomprensiva che genererà, danno su danno; e si protrarrà fino ai giorni nostri con estensione a livelli apicali impensabili e improponibili se semplicemente legati a un buon senso. E’ altresì chiaro che tutto ciò rappresenta una problematica espressione del complessivo evolversi di quanto posto in essere e non esclude, assolutamente, espressioni individuali degne del massimo rispetto. Sono anni certamente non facili in cui la gestione delle risorse umane rappresenta la maggiore criticità a tutti i livelli gestionali e operativi; "l’hard" ereditato si rivela pesante e il "soft" manca, decisamente, di aggiornamenti e funzioni primarie credibili per la nuova struttura organizzativa. Non manca, comunque, qualche esempio di manifestazione orgogliosa del proprio ruolo apicale e di capacità, e volontà insolita, predisposta a una gestione onesta e chiara legata al mandato ricevuto: una prestigiosa presidenza "grecata" dopo aver assolto i compiti di sottoscrizione di un laborioso trattato contrattuale si vede disconoscere e negare, dal potere esecutivo, il faticoso lavoro svolto. Possibilità di barcamenarsi, e giustificarsi, per mantenere la posizione non manca di certo, ma prevalgono onestà e correttezza acquisita in tanti anni di onorato servizio alle dipendenze dello Stato; salutò tutti con un:- grazie ma non sono burattino. E lasciò di stucco amici e nemici; la forza dell’onestà paga sempre. Passano gli anni e la partita continua a centrocampo; un pallone che si gonfia, e si sgonfia, in modo anomalo; un attacco per lo più strumentalizzato, e ideologico, non lascia indenne alcuna formazione; una linea di difesa che manifesta stanchezza e reclama la panchina per conservare le ultime forze residue: in prospettiva c’è sempre una partita di ritorno. Fra palleggi, allenamenti e partite vere si "tira a campare" per molto tempo ancora; ogni slancio estemporaneo pare ricco di un attivismo che assume una valenza reattiva più che una visione reale dei fatti. Regna, pur sempre, un’idea tesa a scongiurare un’usurpazione più che a rivendicare un nuovo paradigma di difficile applicazione visti il tempo e il modo in cui sì e originato e proposto. E, sin dall’inizio, non manca neppure qualche "dispettuccio", operativo e logistico, fra i membri originari della stessa famiglia ma ora in squadre diverse, che non innalza di certo l’accredito professionale fin qui goduto per immagine e per compito espletato; e si possono contare danni a carico dell’erario e dei fruitori dei servizi; e si cade anche nel sollecitare indagini amministrative a carico di personale coinvolto negli incontri con le Istituzioni a Roma, spulciando fra le righe dei "fogli di viaggio" compilati, come consuetudine, dagli addetti al relativo servizio e sottoscritti dagli interessati. Non c’e alcuna giustificazione plausibile ma un semplice rilevare che la buona fede, sovrapposta alla buona fede, non appare più tale quando l’aquila decide di disconoscere i cuculi, che lei stessa ha covato.
Il comparto operativo, sia pure non esente dal contagio che indubbiamente trasmette l’eccessiva volatilità del direttivo apicale, e continuamente sollecitato da quelle distorsioni innate nella nuova dimensione e realtà funzionale, non sfigura ma soffre: le basi iniziali sono solide e restano tali per un po’ di anni; poi, inevitabile, una sbandata, sia pure leggera, frutto di un’eccessiva e inebriante atmosfera tipica di ogni adolescente alle prese con la "scoperta" del mondo dei grandi. Poi, all’inizio il terzo millennio, anche i "grandi", oltre le Alpi, hanno richiesto aiuto e supporto agli spiumati cuculi; non c’è che dire: una soddisfazione non da poco.
Gli anni passano, la forza operativa del nuovo provider, non più adolescente, propone e predispone una "rete", indirizzata ai diversi soggetti utenti, tesa a regolarizzare e regolamentare l’utilizzo delle capacità operative, fortemente sollecitate dall’incremento della domanda, oltre limiti sostenibili e non più garanti in termini di sicurezza delle funzioni espletate. All’inizio è un agire decisamente artigianale con il pregio di un’elasticità pratica ma con il difetto di un facile favoritismo; ma non c’è altro e ci si deve "arrangiare" in casa. Poi, l’Europa, per il tramite di Eurocontrol avvia un nuovo paradigma per legare e gestire direttamente le varie funzioni regolatrici del traffico poste in essere dai vari Stati a fronte di una sempre più crescente domanda ATCS. Anche così non c’è pace. Sia pure alla presenza di maggiori garanzie di correttezza e rispetto di regole condivise, intendersi è difficile e ognuno cerca una forzatura temporale della finestra assegnata senza valutare il danno che, inesorabilmente, tale azione produce a se stessi e agli altri. A ogni applicare di regolamentazioni sui settori di competenza, si ricade in quello stereotipo ormai noto di assimilare tali azioni a uno "sciopero bianco"; si fatica a comprendere che "operare" in uno spazio aereo congestionato da troppo traffico o dalla necessità di operazioni estemporanee causate da inefficienze tecniche o condizioni meteo avversi non è "salutare" per nessun utente e per nessun provider. Va da se che il valore della "capacity" (numero di aeromobili gestibili in un’ora: es dalle 00.00 alle 01.00) condizionato spesso da variabili non codificabili con parametri standard, susciti aspre contrapposizioni a tutti i livelli. Anzi una qualsiasi regolamentazione, ovvero un qualsiasi limite adottato dal servizio ATC scatena una reazione perversa negli utenti e nei media tanto da catalogarla o come deficienza del servizio o come impropria azione di protesta dei dipendenti del provider; non mancava neppure la costante insoddisfazione dei rappresentanti delle "unions" che pretendono l’ultima parola; anche gli organi direttivi del provider molto spesso derubricano la funzione a un surrogato di poco conto: c’è, lo accettiamo per dovere, ma la condividiamo poco. Non mancano le "forzature", anche di matrice operativa, propedeutiche ad accaparrarsi uno slot ATC giocando su "dichiarazioni" di piani di volo programmati stagionalmente, e ripetitivi ma privi di ogni formale aggiornamento sullo stato della capacità della "macchina", e del relativo equipaggio, a effettuare le procedure di avvicinamento in CAT3; e non manca neppure l’inserimento di voli fantasma nel gioco delle comode opportunità; pare abbiano iniziato le aquile di Sua Maestà; poi il dilagare d’imitazioni a dismisura, con aggiunta di personalismi societari, ha fatto il resto; ma è danno auto procurato. E dilagano anche le incomprensioni; evapora anche ogni buona intenzione di serio confronto. E’ un parlare a voce alta, a volte anche scomposto, ma e un parlare fra sordi; del tutto assenti azioni articolate e propedeutiche a spiegare il nuovo applicativo all’interno delle "aziende" e fra "aziende"; come già accennato, al provider interessa poco. Non c’è verso di favorire un sistema cognitivo integrato fra utente e provider, su una scala di operatività, la più ampia possibile, per produrre utili benefici a tutti, in termini di sicurezza e di efficienza; certamente l’azione ha un "suo" costo ma incrementa notevolmente la primaria funzione di garanzia e riduce i tempi di volo che hanno, di per se, costi notevoli. Il risultato positivo è innegabile se il percorso è corretto, inteso e condivo da tutti. Il mancato, e cronico, scambio di esperienze culturali e professionali evidenzia una chiara volontà di non far avanzare valori comuni utili a una funzione paritetica, unica rappresentazione di competenze professionali complementari non scindibili. Roma, Salario, fine anni ‘90
I nuovi "Dori", sempre alla porta e guardinghi, non stanno certo con le mani in mano; dopo aver energicamente promosso interventi di populismo puro, e imposto una graduale ipoteca sulle 21
funzioni intermedie, passano all’incasso delle funzioni apicali; le ali della falange non danno scampo e chiudono il conto; siamo a ridosso della fine del XX secolo d.C. Ancora oggi appare un colpo magistrale. Nella società provider si amplia il concetto di tipo "consuetudinario, " già acquisito, e addebitabile al lassismo direttivo ormai in pectore da diverso tempo; si continua a decostruire le linee guida, ormai purtroppo zoppicanti, del primo periodo postmilitare ma si ricostruiscono delle nuove imbevute di un favoleggiare gestionale utopico; passano pochi anni e poi …… tutto crolla sotto il peso di un’impropria ideologia datata e di un autoritarismo di stampo "unions", non idoneo ad affrontare una gestione che necessita di correttezza formale e sostanziale. Si riparte daccapo: un nuovo commissario, incaricato della trasformazione societaria in S.p.A., poi amministratore unico, e amministratore delegato …… prima arenato nelle insalubri paludi capitoline e guardato a vista da Orazi e Curiazi, non più in funzione leggendaria ma reale, in eterna lotta fraterna nella nuova sede curiale del Salario fra insidiose insenature di sabbie mobili e, poi, disarcionato, dal susseguo di un fatto disastroso; poi ancora un altro commissario, ben presto vittima delle sue stesse manifestazioni impositive marcatamente arroganti, e similari a quelle del padre estensore di nomina, impatta contro un muro di gomma, e il naufragio risulta impietoso; il successivo amministratore delegato resta impigliato in una rete a strascico, in compagnia del presidente e di qualche consigliere; poi, ancora, un nuovo amministratore unico, espressione della casa madre e, come se non bastasse, a seguire anche una funzione ad interim in attesa di ….!!!???... di un lavoro d’ingegneria societaria, fra rimpasti e rimescolamenti normativi, supportato da una politica creativa, per garantire un compenso "adeguato" al nuovo manovratore; uno spasso sui sette colli; ed è, ancora, festa grande lungo le vie consolari. E non si tratta di un refuso, tipico di un’azione "copia e incolla"; è un percorso vero, più che ventennale, speso a "attaccar penne", con cera d’api, su corpi che ostentano conoscenze e tecniche di volo ognitempo ma …. non hanno mai "volato"; poi alla prima nebbia si dimostrano diversamente abili e …. tutto s’incarta. Non c’e verso: il fascino del "volo libero" prima incanta e poi stordisce; e la salsedine non tarda a manifestare i suoi nefasti effetti corrosivi. Lo sapevano bene anche le vecchie aquile ma non hanno saputo resistere al richiamo del cuculo. Il modello della nuova azienda sviluppata ora su un supporto del 3° millennio, con un nuovo additivo per cera ancora da sperimentare, muove nuove speranze; le "penne" in frenetica attesa non mancano, neppure quelle succedanee; il nuovo Icaro è in procinto di spiccare il volo. Stordisce anche la "diversa voglia di sindacato" visto il mutare e il prolificare delle sigle e/o organizzazioni; non si tratterà, forse, di un interesse spicciolo e circoscritto a personaggi in cerca di notorietà, e di benefici personali, disarticolati e scorporati da quelli fino ad ora goduti in sordina e all’ombra di più autorevoli organizzazioni trainanti, per antonomasia? Certamente trattasi di strutture organizzative accreditate per legge, quindi accettabili sotto il profilo del diritto ma interpreti di un soggettivo indirizzo del dovere che non può trovare grande supporto, e sostegno, in un corretto contesto di una manifestazione professionale di servizi in ambito nazionale. In questi ultimi due lustri, poi, non è mancata nemmeno una problematica decisamente anomala, e di natura diversa, che ha coinvolto soggetti diversi, sulla quale pare opportuno un’attenta ricognizione: il "diversamente lecito".
Un’ipnosi deviata attecchisce anche nel sub strato intermedio e rende manipolabile la disponibilità di soggetti deboli che si promuovono ricettori di accrediti relativi a prestazioni accessorie, "mai prestate", pagando pegno; e si spreca il sale consumato, lungo la via consolare, per fare apparire salubre l’aria respirata. Poi i media ci aggiornano anche su "devianze" funzionali, ai piani superiori,
poste in atto attraverso "datazioni" di comodo e di "mani tese"; è l’involuzione del teorema trigonometrico legato al rapporto fra "seno" e "coseno" che spariglia ogni speranza anche quando sembra trasbordare in un contesto legato a un più pratico e comodo rapporto fra "ego dabam" e "illi dabant". E’ lo status societario, trasformato, di fatto, in un comodo e populistico "common", dove alcuni attingono senza osservare alcuna regola e, altri, agiscono con regole proprie nella convinzione di non dover rendere conto ad alcuno; non manca neppure un gruppo di "urinatores" pronto a intervenire, su chiamata, per compiacere; si diffonde la perversa devianza tipica dei pianisti di Camera e Senato: se lo fanno loro perché …..? Ma se manca un’etica e non si prevedono sanzioni per mettere al bando sfruttatori e profittatori, non c’e futuro. Non manca neppure il classico ricorso al TAR, da parte di qualcuno, per ottenere sentenza di riammissione e ripetizione corsi dai quali il complesso funzionale della relativa "scuola", dopo la sessione d’esame intermedio e a fronte di votazioni negative, ne aveva dichiarata la bocciatura; ci sono poi anche vincitori di concorsi che alle prove selettive, appaltate a struttura terza, totalizzano un tale punteggio in lingua inglese da fare invidia a una"madrelingua", senza mai essersi avvicinati ad alcunché d’inglese. E anche questa volta i nuovi "Dorici", accumunati da una ritrovata e inconsueta unità, sono gli arbitri delle partite, giocate in casa e in trasferta, che legittimano incontri e risultati. E non mancano, da parte di troppi, neppure sollecitazioni gnomiche deviate per delegittimare l’azione intrapresa a difesa di un sacrosanto, e legittimo, dovere funzionale finalizzato alla prestazione di un servizio d’istituto verso la comunità "utente". Pare un’apoteosi: lo spirito si rinfranca e, isolato il "caso", si perpetua, ancora a titolo "consuetudinario", ciò che, in virtù di quel titolo, si è trasformato in "diritto". Ma non durerà per molto. All’alba di un bel dì di Maggio, del 2007, anche la consuetudine, questa volta chiaramente operativa, inciampa in quella arrogante e presunta convinzione che la presenza "virtuale" possa essere sempre portatrice sana di un servizio reale e sicuro: in una sala operativa del Nord, sempre attiva H24, intorno alle 02.00 UTC, non c’e nessuno che risponde in frequenza radio, alle chiamate degli aerei, e alle chiamate telefoniche degli enti confinanti; e nessuno guarda i display del radar e dei computer; forse, si fa dell’altro ma non quello che si dovrebbe. Poi anche i pescatori, pescati a pescare di frodo, abbandonano il campo in sordina; più tardi toccherà a chi aveva teso le mani tirare i remi in barca. E il tutto non avviene certo per etica ma, semplicemente, per una dolciastra opportunità che, pur sempre, una "via di fuga suggerita" offre. Il suggerimento, però, non risulterà utile al suggeritore; miopia o comoda, e presuntuosa, arroganza? Ma questa è altra storia. Sull’evento del Maggio 2007 non mancano assordanti silenzi degli organi funzionali preposti e neppure qualche manifestazione pindarica "Romano-Dorica" dall’intento tranquillizzante, ma il fatto reale, di per sé, vale ben più di un qualsiasi "chiacchiera" o dispositivo di legge: non c’e giustificazione alcuna né sentenza, anche favorevole e passata in giudicato, che possa competere con un fatto reale e assimilabile, a seguire, di una chiarezza incomparabile. Ancora una volta ci si lascia trascinare in una manifestazione di miopia genetica, rinfrancata nei suoi effetti negativi dal rilascio di "patentini" utili, solo momentaneamente, al provider; e non sono mai funzionali per l’utenza.
A trentacinque anni di distanza il fatto del 19 ottobre 79 resta, ancora, come un avvenimento all’interno delle istituzioni, misterioso e intricato forse perché non si è trattato solo di azione impropria assimilabile, per comodità, a un ammutinamento, ma che nulla aveva a che spartire con lo stesso, per cultura e per innata predisposizione della grande maggioranza del personale
coinvolto, bensì di un comportamento decisamente "pilatesco" di autorevoli figure apicali dell’ordinamento repubblicano. Ancora: la "bolla" delle dimissioni, ovvero il grido d’intervento mirato, non era esclusivo di una generica e fuorviante disaffezione verso l’Aeronautica Militare, presa al volo, da altri, e per comodità fra le pieghe della vicenda, bensì effetto di una reale necessità e di un fondamento giuridico più consono alle funzioni espletate in "responsabilità funzionale", che necessitavano sicuramente un’attenzione particolare e più articolata, e che in seguito troveranno puntuale applicazione in procedimenti penali su eventi non certo usuali e decisamente drammatici. Di pari passo si sorvola sulle molteplici "prestazioni professionali qualificate" prestate da personale ex AM, anche con marchio doc, oltre mare, a favore di "regimi" non certo espressione di un solido fondamento democratico e in un continuo crescendo contenzioso con nostra Madre Patria. E passa in sordina la valutazione "inferiore alla media, riportata sulle "note caratteristiche", redatte dall’AM nei confronti del personale che ha "osato" optare per una soluzione senza "stellette" come a rimarcare un’azione di tradimento nei confronti della Madre Patria; salvo poi rielaborare tali giudizi nei confronti di chi eccettò un "passo in dietro", accomodando esigenze funzionali e logistiche di pertinenza individuale. Non è questa una dietrologia spicciola o preconcetta, o di parte ma opinione di un ex che ha vissuto, con onesta convinzione, ogni evolversi della situazione e ogni drammatico articolarsi delle funzioni operative dal 4 luglio 1968 fino al 30 novembre del 2005. Poi giunge, anche, il dì della palese manifestazione di una "incontinenza notturna", già nota da qualche tempo, ai più attempati "regolatori", refrattari a ogni sollecitazione regolatrice che il dovere imponeva, e ai più giovani mai sazi della frammistione fra "diritto a volontà" e "dovere a perdere". Oggi, poi, pare prevalere, di gran lunga, l’interesse per un incasso immediato ignorando le possibili complicanze del domani; e gli esempi non mancano ma … è più comodo così. Poi non mancherà, di certo, chi si arrogherà il diritto della difesa, del lavoratore, sempre, e comunque, nel rispetto della legge. Molti continueranno a credere che le "dimissioni", anche se ormai passate nel dimenticatoio collettivo, siano da computare al semplice "status" del controllore del traffico aereo, che semplice non era per niente, piuttosto che legarla al tramonto, non certo glorioso, di una parodia organizzativa incapace di evolversi; perseverare nello stato di negazione dell’evidenza e non voler riconoscere che il sistema necessitava interventi normativi sul piano del diritto del lavoro è semplice follia pretoriana. E molti ancora continuano a credere, e continueranno a crederlo, che nulla può intaccare la loro capacità professionale e che ogni regolamentazione mirata a disegnare un percorso obbligato, funzionale a un dovere d’istituto, toglie legittimità a ogni espressione comportamentale, personale e/o collettiva, ritenta, erroneamente, un diritto. Non pare, di certo, essere strada percorribile e accettabile; ma così è; e non mancherà di dare, ancora, frutti non commestibili. E chi se ne dovrebbe occupare? In primis i "custodi apicali"; ma se la matrice risulta essere intaccata dal virus degenerativo della capacità omnicomprensiva affidata in pectore, e con prebende del sottobosco, tipico delle "unions", e dell’immancabile compartecipazione "partitica", ogni speranza resta, inesorabilmente, zavorrata. E tutto ciò non è dare la stura; è semplicemente proporre una riflessione su ciò che dovrebbe significare una posizione di garanzia, una funzione amministrativa, una funzione direttiva, una funzione gestionale.
Piaccia o non piaccia, in quel dì di Maggio del 2007, sui cieli Padani, la "corda" si è spezzata per sempre, a dispetto delle sentenze già emesse; la disarmonica contrapposizione fra elementi utili a 24
"capire" e quelli "opportuni" a definire un contenzioso sul piano del diritto non aiuta a rendere limpido l’orizzonte. Nonostante ciò non si trova il tempo per interessarsi a dovere; altre incombenze si presentano all’orizzonte che necessitano maggiori attenzioni ma ….. la cera è pur sempre cera e, se la temperatura aumenta, si scioglie, e le penne cadono, e …. Non c’e verso: il saggio Dedalo sa bene il fatto suo; è lo spavaldo Icaro fa di testa sua. Poi, negli anni a seguire, è inevitabile il presentarsi di problematiche legate ai tentativi di revisione di accordi contrattuali retrodatati, non idonei alle attuali esigenze ed espressione di un passato ricco di forzature e di concessioni benevole, non solo oggi anacronistico, e non più procrastinabili. E i Dorici ostentano, sempre, orgogliosa sordità e imbastiscono un fronte di difesa. Roma, NCD Magliana, inizio terzo millennio In parallelo poi, nel comparto operativo del trasporto aereo, viene il tempo, per l’aquila tricolore, di prepararsi a un matrimonio con i galli ma opposizioni ideologiche a marchio "unions", e di governo, bloccano ogni intento; per sanare la gestione s’inventano le " aquile patriote" ma ben presto stallano e cedono la mano; e si ammucchiano altre macerie: macerie della società progenitrice, e delle non poche concorrenti, e macerie legate ad avidità ed egoismo personale, pure espressioni di un legame fraudolento con gli "affari", essi stessi apparentati, che si sovrappongono, ancora una volta, a un viatico truffaldino; e non mancano, purtroppo, le macerie ereditate di tanti italiani per aver investito, fino all’ultimo minuto, fiduciosi in un sogno avvolto dal tricolore e sbandierato nel mondo intero; semplici dipendenti e, altrettanto, semplici sognatori di gloria, ormai offuscati; poi viene il tempo della rassegnazione che pare essere manifestazione diffusa anche per una chiara disaffezione verso passioni e valori che in passato erano rappresentazione di una sana vitalità e che ora appaiono evaporati. Non c’è da che meravigliarsi: così è la "società", anche per il nostro essere refrattario. E che dire poi dell’ultima eccellenza casereccia proiettata all’uso di uno spazio di pertinenza esclusiva di una navigazione orbitale e di una ricerca scientifica in uno spazio interplanetario? Deficit su deficit e una maschera in cartapesta con qualche prezioso ritocco di make-up, giusto per dissimulare spese e gestioni accomodanti, dove anche la Corte dei Conti ha un bel da fare, nel fare i conti. L’impegno e la proiezione indirizzata verso la ricerca e lo sviluppo tecnologico in un settore d’eccellenza non sollecita alcun ché di ostativo; le riserve sono indirizzate alla gestione tipica del raggruppamento familiare, con conseguente elargizione di prebende costose, che non trova alcuna affinità con una logica, e seria, attività imprenditoriale pagata integralmente dai cittadini. Non è il caso di meravigliarsi: in "casa nostra", dove si cerca, continuamente, di contrastare la forza di gravità, di ridurre al minimo la forza di attrito con l’aria, di garantire uno spazio "navigabile" sicuro e un trasporto "tricolore" a ogni prezzo, non può certo mancare un’attenzione particolare indirizzata alla "famiglia"; non c’è crisi, o concreta prospettiva di chiusura e fallimento, che possa distogliere l’attenzione mirata a sostenere "esigenze" di natura familista, nella più ampia concezione possibile. E tutto pare normale perché tutti fanno così. E’ sempre stato così. E ogni altra "forza" è derubricata a un ordine inferiore. Ma questo non è "civiltà" e tanto meno "progresso"; è semplice satrapia.
Non appare certo improprio il richiamo alla storia e alla mitologia che si ripropone: i Galli mettono a ferro e fuoco Roma, e la saccheggiano, e fu inutile anche lo starnazzare delle oche Capitoline.
Oggi il "saccheggio" appare ripetitivo e generalizzato, e oltre ogni confine, e le oche Capitoline non starnazzano più o perché ricevono un IFF che rassicura loro sulla presenza di amici o perché, semplicemente, già pasciute a dovere, in precedenza. Alla resa dei conti non serve più contestualizzare la presenza di barbari invasori, balordi, ricattatori e ladruncoli ma basta guardare al fai da te; poi se anche le oche rivestano un ruolo già addomesticato all’uopo, visto il loro "vivere" in cattività, non ci resta che il risveglio della coscienza, anch’essa edulcorata, purtroppo, da un improprio torpore soporifero. Anche il buon Dio sembra aver rivisto la Sua disponibilità all’ascolto delle suppliche con cui noi uomini "azzurri" non dimentichiamo mai di manifestare con la preghiera dell’aviatore, già più volte ritoccata; lo "sguardo" e gli "artigli" paiono sempre più propendere verso attenzioni prevalentemente "deviate" e di "particularità succose" e le "ali", paurosamente sfoltite da un’incontrollabile spiumata, non reggono più il peso delle funzioni primarie assegnate e saldamente ancorate a un "dovere" per il bene della Patria. Serve altro, e vanno ben oltre lo stanco e meccanico professarsi in una comoda supplica al plurale sperando che il tutto si tinga in un substrato individuale poco conforme alle necessità della comunità. C’è ancora dell’atro ma ….. si fa sera; il sole è già oltre la linea dell’orizzonte; restano ancora pochi minuti utili per volare in VFR; il campo è in vista e la pista è libera; la richiesta di un avvicinamento diretto ha avuto il supporto della relativa autorizzazione ATC; il "cleared to land" arriva puntuale. Le ruote toccano la pista, una breve frenata e "fuori" alla prima a destra verso il piazzale ma … - Non è possibile !!!! ….. non ci si può credere …. non c’è questo ….. non c’è più quest’altro …. manca pure quello …. aeroplani con colori mai visti e scritte in "lingue estere" e, anche, in lettere cufiche, arabe, cirilliche …. sarà questo l’aeroporto di casa nostra???? …. è’ l’ora del cambio turno in Torre di Controllo e, in frequenza, irrompe in "scena" un nuovo operatore ATC con un inconfondibile accento partenopeo masticato e impastato con la lingua inglese e una fraseologia, adattata all’occorrenza, … il cuore si riapre …. – E’ lui!!! - "il maresciallo". Non ci sono più dubbi: è proprio aria di casa. A volte basta una semplice tonalità, nota e passionale, che non tutti sono capaci di esprimere con naturalezza, anche se articolata in forma succedanea, e approssimata, a rincuorare l’animo. E’ il caso di spegnere il computer che ha permesso questo volo simulato su fatti e ricordi del passato, ormai storia, e ….. in un baleno si fa buio. Ma resta sempre viva la speranza, riaccesa da una voce amica. E una nuova alba non tarderà: le aquile torneranno a volare; forse. ATC Batter P.S. Il finale è un omaggio a un carissimo amico che, all’epoca dei fatti del D-day, per lo "status" rivestito non era nelle condizioni di presentarsi "dimissionario", ma si rende ugualmente partecipe vivo degli avvenimenti stessi annegandosi, con anima e corpo, anche in ogni successiva evoluzione. Vita operativa non facile, sviluppata da un’opportunità di professionalizzazione di base, unica nel suo genere, contrassegnata da un percorso dignitoso, ricercata con determinazione; nei momenti di difficoltà, non solo operativa, non manca di sopperire alle naturali "debolezze dell’essere" con spontaneità innata, che è una chiara indicazione di origine: una genuina manifestazione "omnicomprensiva", rara, forse unica; ieri reale, oggi solo virtuale.
data inserimento: Venerdì 26 Giugno 2015