Non impressioni il titolo. Non si vuole certo allarmare alcuno. Ma è bene ricordare ciò che, allo stato latente, può creare seri danni agli utenti ed ai fornitori di servizi ATCS. Nessuno esclusi.
E siamo entrati in “scia” di quel “cuore” con cui ci siamo lasciati: responsabilità irresponsabile o irresponsabilità responsabile.
Le traduzioni. Le correlazioni. Le semplificazioni. Il linguaggio. La fraseologia.
Quanto oggi proposto trae spunto da ciò che si evidenziò a seguito del gravissimo incidente avvenuto sull’aeroporto Los Rodeos di Tenerife nel 1977. Incomprensioni e uso di linguaggio non convenzionale ( fraseologia ), comunicazioni TBT fortemente disturbate e altro ancora, emerse dalle indagini, sollecitarono serrati incontri di lavoro, approfondimenti e analisi in ambito ICAO. L’evento parve subito significativo nel suggerire la necessità di interventi normativi e in particolare sull’uso della fraseologia.
I termini “affirmative” e “negative” fin qui utilizzati nelle comunicazioni TBT, pare abbiano chiaramente evidenziato una possibile e probabile incomprensione, ovvero una “comprensione” di ciò che il pilota si aspettava, ma che, in effetti, gli era stata negato. E siamo in presenza di comunicazioni radio disturbate, una casistica tutt’altro che isolata. Infatti, la “coda” di entrambe le locuzioni sono perfettamente identiche e in presenza di “disturbi” o sovrapposizioni di comunicazioni non pare certo peregrino un “intendimento” parziale. E, purtroppo in questo caso, della sola parte finale. Si sa, per certo, che la fraseologia TBT non è nata in nodo casuale ma ricercata, adattata e resa funzionale al servizio delle comunicazioni aeronautiche fra piloti e controllori del traffico aereo. Ma alcuni particolari possono sfuggire per anni e anni per poi “esplodere” in modo incontrollato. E, a quanto pare, in quel lontano pomeriggio del 27 Marzo ’77 accadde anche questo.
Ecco, dunque la necessità di intervenire.
Si stabili di modificare la locuzione “affirmative” in “affirm” riducendo enormemente, se non proprio eliminando, un significativo vettore di errata interpretazione quale era, la sovrapposizione della “coda” con il contrapposto “negative”. Così si racconta da più parti. E gli “aeronautici” comprendono bene la correlazione dei termini e la necessità dell’utilizzo della fraseologia standard. Forse è andata anche in altro modo ma ciò che è certa è l’azione inequivocabile intrapresa dall’organismo internazionale con il preciso intento di ridurre, comunque, ai minimi termini la possibilità di malintesi interpretativi fra il consenso e la negazione di un’azione successiva.
Orbene dopo decenni dall’entrata in vigore di questa nuova fraseologia standard “affirm” il traduttore esperto non ha ritenuto opportuno intraprendere alcuna modifica della fraseologia in lingua italiana mantenendo inalterato l’uso di “affermativo” ancora, casualmente, co-incidente nella coda con “negativo”.
Fatta salva l’evidente improprietà, visti i tempi e le tipologie delle società di navigazione ormai “globali” e l’utilizzo di equipaggi eterogenei per provenienza e per lingua madre, dell’uso della fraseologia in lingua locale è lecito chiedersi come potrebbe prospettarsi la disanima di un evento critico da parte dell’organo giudicante. Sollecitati delle ultime motivazioni di giudizio su eventi aeronautici noti ci si può tranquillamente aspettare una chiamata correa dei soggetti coinvolti, pilota e/o controllore t.a., in un qualsiasi evento “serio”, per inadempienza e per mancata osservanza applicativa di uno specifico dispositivo fraseologico riconosciuto a livello internazionale. Nella fattispecie una “posizione di garanzia” legata alla conoscenza della funzione certificata e riconosciuta. Infatti, è certo che il pilota non può non conoscere la problematica legata all’uso disambiguo di tale nuova fraseologia in lingua inglese. E così il controllore del traffico aereo. Ma nella fraseologia in italiano si disconosce, di fatto, tale disambiguità e si continua, imperterriti, a navigare nell’ambiguità. E ci sarà spazio anche per obiettare e disquisire sulla “certezza” dell’intendersi in lingua italiana fra gli attori delle comunicazioni TBT.
Molto similare appare la problematica interpretativa per la richiesta/permesso dello “start up” e del “pushback” anche se l’impatto maggiore, del primo, ha un carattere economico legato al consumo di carburate. Minore, ma non assente anche la valenza sicurezza nei confronti di terzi.
Anche qui siamo passati dal “cleared” (autorizzato) di anni fa al “approved” (approvato) di oggi.
Ma nell’inconscio di molti è rimasta azione soggetta ad autorizzazione sia in richiesta che in concessione. E poi il termine “approved”, “approvato” in italiano, non da, forse, sensazione ingannevole lasciando trasparire comunque una concessione “cleared”, autorizzata, secondo i consolidati canoni del linguaggio ATC? E non va dimenticato che in questo caso anche ICAO usa insistentemente il termine “cleared” nell’elencazione e descrizione dei vari punti del CHAPTER 7
( 7.3.1.1) del DOC 4444 per poi passare decisamente al termine “approved” quando si tratta di presentare la fraseologia standard nel CHAPTER 12 ( 12.3.4 ) riservando il termine “cleared” solo a quelle funzioni tipiche dell’Air traffic control clearance chiaramente richiamate nel CHAPTER 1. La fraseologia è stata revisionata e resa consona alle specifiche funzioni operative mentre le descrizioni nelle “procedures for aerodrome control service” restano imbrigliate nel vecchio, e passato, impianto lessicale.
Parrebbe funzionale un autorevole intervento esplicativo a tutti i soggetti coinvolti.
Pare logico, infatti, che a fronte del riscontro di un disallineamento, sia pure involontario, del corretto intendere dei termini usati si debba riscontrare un’azione informativa e di richiamo per ristabilire la corretta interpretazione. E risulterebbe azione certamente inquadrata nel contesto della sicurezza. E darebbe maggior sostegno agli operatori eventualmente chiamati in causa.
Poi l’organo giudiziario interverrà con codici alla mano. E si rifarà alla normativa internazionale o a quella nazionale? Alla fraseologia ICAO o alla fraseologia ENAC? Alla consuetudine interpretativa o al significato strettamente letterale della locuzione usata? O, forse, riterrà applicabile una riconoscendone il dovere e l’obbligo di conoscere l’altra? E’, comunque, una matassa da dipanare.
Nel frattempo si nutre viva speranza che queste pratiche operative e altre similari, e non sono poche, non trovino facile accoglienza nel documento “best practices” in preparazione dal gruppo di lavoro che si dedica al programma FAB BLUE MED tassello funzionale del futuro single sky.
E ancora una volta ci si chiede: dov’è il “regulator”, il “provider”, il “fruitore” di servizi ATC?
E’ curioso constatare che oggi, la stessa Chiesa Cattolica, disquisisca sulla traduzione in lingua italiana del Catechismo redatto in inglese. Non c’è consenso interpretativo nella traduzione e, la Chiesa, ne blocca la diffusione per paura che alcune espressioni, in italiano, lascino intendere eccessiva libertà nell’uso della contraccezione. Ovvero ciò che la versione in inglese non lascia, affatto, intendere. Almeno così si riporta. Anche qui siamo di fronte ad un intendimento lessicale non unisono per la presenza di locuzioni, di diversa espressione linguistica, che non hanno definizioni e significati perfettamente coincidenti. E in un certo qual modo sempre di “sicurezza” si parla.
E nell’italico mondo aeronautico, ancora oggi, si accettano, si usano e non si “definiscono”, e non si chiariscono, espressioni che possono influenzare negativamente la sicurezza delle operazioni pur conoscendone le potenzialità negative delle espressioni stesse.
Non è certo per caso che termini comunemente usati nel contesto ATCS come, ad esempio, “clearance” e/o “autorizzato” necessitino di relative ”definitions” nel rispettivo uso in “lingua”. ICAO tenta di farlo in ogni DOC e ANNEX e definisce, indirettamente, “cleared” ma non “approved”. Il “regulator” italiano si limita alla traduzione. E l’accetta, pure, in chiara funzione spuria.
E’ il solito chiodo fisso? Sì. E’ il solito chiodo fisso. E va battuto e ribattuto affinché possa non far
male ad alcuno. Il terreno va bonificato quando emerge uno stato non salubre. Se già fatto, riconoscente sarà l’espressione di molti.
E il disincanto della superficialità dovrà pur trovare sostenitori autorevoli. E non solo a livello nazionale. La nostra “safety” chiama insistentemente a raccolta capacità, conoscenza, aggiornamento, confronto e volontà. Senza pregiudizi. Senza comode, o facili, dimenticanze. Senza distinzione di funzioni. Senza distinzioni di lingua. Senza paure. Senza compromessi.
data inserimento: Lunedì 18 Aprile 2011