Anche stavolta viene proposta la più recente sintesi.
L’argomento dei bird strikes è stato oggetto di menzione nell’ultimo Rapporto annuale dell’ENAC relativo al 2010. La trattazione è a pagina 74 del Rapporto ENAC 2010.
Precisiamo subito che non si tratta del Rapporto annuale del Bird Strike Committee, ben più tecnico e dettagliato ma ancora non rilasciato per l’anno 2010, ma di una relazione più generale sull’attività dell’Ente. E’ peraltro consolante che la materia trovi spazio in un documento di tipo prevalentemente economico, segno comunque di attenzione da parte dell’Autorità nazionale. Non è invece condivisibile, o almeno non del tutto, l’analisi che l’ENAC fa del fenomeno.
Prescindendo da una singolare affermazione – ci pare infatti discutibile che le “aerostazioni” costituiscano un habitat ideale per molte specie ornitiche, tra cui gabbiani, storni e vari uccelli rapaci: probabilmente si intendeva dire gli spazi aeroportuali in generale e non i soli terminal -, l’ENAC anticipa i dati degli impatti del 2010 rilevando che si è passati dagli 851 del 2009 ai 910 dello scorso anno (un aumento del 6%). Per gli impatti sotto i 300 ft addirittura si passa dai 620 ai 712 (+ 14%).
Ebbene l’ENAC ancora una volta motiva tale incremento con una maggiore attenzione e sensibilizzazione degli operatori al problema. Solo dopo aggiunge che “questo incremento, però, si deve “anche” all’aumento del numero delle specie di fauna selvatica potenzialmente pericolose in prossimità degli aeroporti” Il leit motiv della maggiore sensibilizzazione degli operatori purtroppo lo sentiamo da diversi anni e se aveva una ragion d’essere agli inizi della sistematica raccolta dei dati, oggi ci appare più che altro come una pietosa e rassicurante bugia. Oltretutto lascerebbe intendere che l’Ente, con gli immensi poteri di cui dispone, non è stato finora in grado di “raddrizzare” difetti e carenze dei gestori aeroportuali che hanno in carico nella maggior parte dei casi il reporting degli eventi.
In realtà l’ENAC sa benissimo che la vera ragione è la seconda, in quanto è difficile credere che un aumento del 14% degli impatti a bassa quota, e quindi di fatto all’interno degli aeroporti, dipenda dalla “maggior attenzione” degli operatori a trovare carcasse e resti di volatili sulle piste.
Il problema è che a fronte dell’oggettivo aumento delle presenze di fauna selvatica languono gli interventi correttivi, quali politiche del territorio (ad es. spostamento delle discariche vicine agli aeroporti), investimenti di risorse per la prevenzione, politiche per la ricerca e sviluppo (es. radar per la visione remota), formazione ed addestramento del personale, pur se, ad onor del vero, qualcosa in questo senso si è fatto. Manca soprattutto, a nostro giudizio, una visione complessiva del problema che coinvolga anche gli altri attori del mondo del trasporto aereo, controllori, piloti, compagnie aeree. La regolamentazione attuale è infatti eccessivamente “aeroportocentrica”, quasi che tutti i problemi risiedano solo nella gestione degli scali. E’ una regolamentazione necessaria ma non è sufficiente. Manca ancora ad esempio una chiara visione delle competenze del controllore del traffico aereo, con l’ENAV che tende a restringere e circoscrivere l’ambito degli interventi (e soprattutto la responsabilità) del proprio personale in Torre. Manca una policy dei vettori che non forniscono ai propri piloti chiare direttive su che fare in caso – ad esempio – di impatti con ingestione nei motori o di attraversamento di stormi di uccelli: recentemente un aereo ha attraversato il Pacifico dopo un impatto multiplo per poi dover sostituire un motore gravemente danneggiato e che poteva piantare da un momento all’altro. Manca infine un programma di formazione dei piloti sui temi naturalistici e faunistici (quanti di loro sono in grado di distinguere un uccello da un altro e quanti sanno come si comportano i volatili?)
Non è un problema solo di ENAC, si intende. Chi scrive ha avuto modo di visionare la bozza del nuovo Doc ICAO 9137 Parte 3°, in corso di emissione, e pur constatando enormi progressi rispetto alla versione precedente, deve ancora rimarcare una certa riluttanza ad abbandonare i vecchi schemi per passare ad una visione più generale e complessiva della questione.
Anzi, per dirla tutta, l’ENAC ha avuto il pregio di non considerare il problema bird strike come materia solo per biologi ed ornitologi, ma di inserirla in un contesto più ampio, partendo dagli aspetti regolamentari e perfino legali.
Ci auguriamo che allarghi questa visione e che una prima risposta a queste istanze arrivi già in sede di Relazione annuale del BSCI, a cominciare da un’analisi forse più impietosa e meno edulcorata, ma realistica.
data inserimento: Mercoledì 17 Agosto 2011