I media e, di riflesso, la società civile sono, a loro modo, partecipi attivi nella interpretazione di ciò che rappresenta il risultato di una indagine investigativa, di una inchiesta o di una sentenza su eventi che, per loro natura, coinvolgono emotivamente l’opinione pubblica in genere. A volte anche le associazioni all’uopo costituite rappresentano una valenza significativa a cui risulta difficile negare una attenzione, sia pure misurata. Non di rado si registrano anche espressioni di plauso, anche se contenute, a fronte di “veloci e determinate” sentenze definitive che permettono, di fatto, una sola cosa certa: il risarcimento. E a volte succede.
Le inchieste “fotografano” il momento principe dell’evento demandando all’autorità giudiziaria preposta la definizione delle responsabilità. Presunte e/o di fatto. A dire il vero, a volte, le “fotografie” appaiono sfuocate. Ma così è. E non c’è associazione che tenga, quando nata su input dell’evento, che possa, di fatto, manifestare interessi diversi dalla giusta necessità di essere annoverati quali difensori del diritto ad essere risarciti. Il resto, purtroppo, pare essere solo esercizio per rendersi “visibili.
Confortati, anche, dall’aiuto e dalla collaborazione di qualcuno che avrebbe dovuto manifestare attenzioni e azioni diverse da quelle poste in essere, nell’esercizio delle proprie funzioni, nel periodo antecedente all’evento. Ed è proprio questo il punto cardine su cui focalizzare l’attenzione per contribuire a far si che eventi similari non abbiano a ripetersi. Appare decisamente riduttivo circoscrivere l’evento senza porre in evidenza ciò che ha contribuito, in modo significativo, a generare il substrato negativo responsabile del fatto. Ma avviene sempre così. E’ la storia degli eventi nazionali che si ripete. Sempre. Indistintamente.
E la specifica riflessione di oggi trova ancoraggio sull’evento, grave, avvenuto sull’aeroporto di Milano Linate. Lunedì 8 Ottobre 2001. Come semplice lettore e, anche, come testimone dei fatti.
A prescindere dall’esistenza o meno del radar e dagli sfibranti, indecorosi ed indegni rimpalli sui mancati interventi strutturali e di supporto tecnico emersi in fase dibattimentale.
Ciò che allora si leggeva chiaramente come difetto, ma sistematicamente sottovalutato dagli organi apicali, era l’incomprensibile perdurare della mancanza di un dirigente dedicato per Linate, capace di assumere l’onore e l’onere di rappresentare quella tanto reclamata e discussa “posizione di garanzia” che ha fatto capolino anche in non poche sentenze successive e relative ad altri eventi nel comparto “aviation”. Tutti hanno preso le distanze. Tutti hanno reclamato giustificazioni a propria difesa. Ma era altrettanto noto a tutti che dal 1994 perdurava, a Linate, una gestione direttiva affidata “ad interim” a vari Direttori di Milano ACC, essa stessa ad interim per un periodo decisamente significativo, che sbrigavano la “burocrazia”, quando necessitava, delegando, di fatto, ai locali “reparti” la quotidiana direzione dell’operativo. E in aggiunta a Linate si associava anche la gestione di Malpensa. Quando non c’era in contemporanea anche Padova ACC e Brescia Montichiari. E, forse, dimentico altri. Come Orio al Serio ad esempio. Comunque può bastare. Vero? E tutti conoscevano la disarmante precarietà gestionale e la discrasia fra i “reparti” di Linate in continua contrapposizione fra loro a causa del persistere di un fattore miopatico di natura tecnico/culturale nei responsabili stessi. Realtà che degenerava giorno dopo giorno. E imperterriti si rimandava. Si rimandava. E mai fu azione più fallica.
Poi, finalmente, nel 2003 si pose fine a questa assurdità gestionale e direttiva. Ed è accaduto a seguito di ciò che è, ancora, a tutti noto.
Altra valenza non positiva, decisamente più tecnica, appare l’affido della “ground” a Controllori di “prima abilitazione” o assimilabili. Così come avviene in una ACC con la frequenza del FIC (Servizio Informazioni Volo dedicato in prevalenza ai voli VFR all’interno della FIR ,Regione Informazioni Volo). E non aiuta certo il richiamo formale alla responsabilità finale “in pectore” del Capo Sala/Supervisore a volte “distratto e/o impegnato” in altre incombenze. E i fatti ci confortano, purtroppo, su questo.
La “ground” di Linate, Malpensa, Fiumicino ed altri aeroporti assimilabili per struttura e complessità così come la frequenza FIC delle ACC devono essere affidate a persone esperte e che conoscano molto bene, rispettivamente, l’aeroporto e il “territorio” della FIR di competenza. Le procedure e il loro impatto. La quotidianità operativa base e le valenze occasionali…e così via.
Ma, è noto da sempre, che è estremamente difficile sradicare una tradizione radicata. Anche frutto di eredità. E fa storia. E tuttora è fatto certo, nonostante le manifeste e persistenti criticità. E questo non è certo un viatico positivo verso l’incremento della “safety”. Come non hanno niente a che spartire, come contributo positivo e come valore aggiunto alla “safety”, le partecipazioni ad “honorem” in organizzazioni Nazionale e/o Internazionali dedite a promuovere la sicurezza. La sicurezza dei voli. E di questo stiamo parlando.
La sicurezza ha bisogno di fatti certi. Di conoscenze certe e qualificate. Di cultura dedicata. Le chiacchiere distolgono l’attenzione dalla realtà. E questo è danno irreparabile. E l’emotività non può promuovere una politica operativa certa e proiettata alla “safety” del futuro. C’è, ancora, del lavoro da fare “to increase a safety flights”. Lavoro diverso, s’intende.
E, questa, non è polemica. Ne astratta e ne fuori luogo. E’ guardare la realtà. E’ espressione di speranza in interventi qualificati. A partire da domani. Qualora si registri e si manifesti la disponibilità dei soggetti qualificati in particolar modo nell’Ente Regulator, nella Società provider e nelle Istituzioni all’uopo preposte in ambito Nazionale. Se ci diranno che stanno già lavorando sin da ieri, non può che renderci ansiosi ed attendere risultati positivi con la convinta, doverosa e dovuta certezza che i tempi non saranno tanto brevi. Non certo per tracimazione di pigrizia. Non certo per mancanza di volontà. Semplicemente per una naturale tempistica insita in una azione operativa dedicata che non è sempre di facile e immediato riscontro oggettivo .
Quanto prodotto da una “just culture”, per poter essere raccolto, và prima promossa e poi coltivata. La just culture ovviamente. Anche se è ormai noto che da noi, in Italia, non è certo “cosa” che possa interessare molti. Tanto meno l’Organo Giudiziario.
Ed è, appunto, l’ultima sentenza della 4° Sezione Penale della Cassazione, sull’incidente di Cagliari, che ci ricorda, se non altro, quanto sia difficile, estremamente difficile, dimostrare la propria correttezza professionale anche quando operi in accordo alle leggi e ai dispositivi in vigore. Quando leggi e dispositivi tecnici sono alla mercé di un arbitrio giudiziale che non possiamo, di certo, definire “non libero” avviene anche questo.
Figuriamoci poi cosa potrà accedere se ci troveremo di fronte a situazioni incerte e chiaramente fallaci, magari pendenti da anni e anni, e non definite ne da leggi ne da dispositivi in genere.
Una cosa è chiara: il Controllore del Traffico Aereo non dovrà mai più rendere, o accettare, che il Pilota sia, o possa essere, compartecipe condizionale in nessuna operazione legata al Servizio di Controllo del Traffico Aereo. Basta, e avanza, quanto dovrà eventualmente rispondere delle sue azioni “senza compartecipazioni”. Una autorizzazione ad atterrare, decollare, occupare/attraversare una pista non potrà e non dovrà più essere subordinata ad un evento futuro, la cui rilevazione sia demandata al pilota. Cosi il “vedi, (valuta) e separati” e il “vedi, (valuta) e atterra/decolla” non potranno più trovare applicazione alcuna. La “sicurezza” non degraderà di certo. “L’ordine” delle operazioni sarà garantito. La “speditezza” subirà un rallentamento. Ma sarà del tutto salutare. E lo sarà per tutti.
Le sollecitazioni qualificate non mancano e non mancheranno. E sarà molto difficile andare oltre. E il futuro non sarà facile. Una “condanna penale” prevale su ogni forma di “espressione culturale”. Su ogni espressione “funzionale”. Su ogni “disponibilità diversa”. Su ogni azione “compartecipata”. Siano esse fra le stesse funzioni di un provider o fra provider ed utenti.
Piloti e Controllori del Traffico Aereo sappiano trovare, con convinzione determinata, una azione funzionale operativa che li renda, il più possibile, non attaccabili. Pur sapendo che in caso di “eventi” saranno comunque “attaccati”
I colleghi di Cagliari hanno fatto tutto ciò che dovevano fare. Per l’organo giudiziario non è bastato. Avrebbero dovuto fare ciò che non era, e non poteva essere, di loro competenza. Ciò che non era, e non poteva essere di loro conoscenza. E l’ennesimo ossimoro giudiziario ha dettato sentenza.
data inserimento: Lunedì 20 Dicembre 2010